Reggiani illumina il nuovo Flagship Store Filippa K di Amsterdam

Ad Amsterdam, la capitale olandese, nella centralissima via della moda PC Hooftstraat (civico 125), è stato inaugurato il nuovo flagship store del fashion brand scandinavo Filippa K, epitome di stile nordico. Il marchio di moda con sede a Stoccolma è guidato dal creative director Liisa Kessler che spiega come il flagship store aperto nei Paesi Bassi rappresenta l’ultimo capitolo nella storia della trasformazione del brand svedese “in cui si esplora la dualità all’interno di un solo spazio retail”.

Illuminazione con Traceline prodotto da Reggiani. Courtesy © Filippa K

Nella nuova sede, che misura 170 mq su due piani di un ex edificio residenziale, la raffinatezza elegante e minimale viene bilanciata da elementi più naturali semi-lavorati.Alle componenti vintage dell’arredo si aggiunge una pletora di opere commissionate ad artisti, designers ed artigiani. Lo spazio è stato progettato da Liisa Kessler in collaborazione con lo studio di architettura svedese Profan, già progettista dell’interior design dello store di Helsinki, e centra pienamente l’obiettivo di rappresentare il nuovo approccio concettuale allo store design per Filippa K.

La nota dominante del design degli interni è la suggestiva ma morbida tonalità di blu ghiaccio che rimanda ai paesaggi invernali nordici e alla tradizione dei bagni nel ghiaccio, gli stessi che hanno ispirato la prima campagna pubblicitaria del marchio diretta da Liisa Kessler. Il secondo elemento enfatizzato nel concept è l’utilizzo di differenti textures tattili, con rimandi alla sostenibilità: un altro dei temi fondamentali del progetto. In fondo al piano terra, ad esempio, le opere tessili fatte a mano appese nei camerini sono ricavate da filati avanzati dalle precedenti collezioni Filippa K e create da Micael de Leeuw, un artista e pittore che vive in Svezia.

Interno con camerino del Flagship store. Courtesy © Filippa K

Sono gli elementi della natura a influenzare le scelte di design, a partire dagli appendiabiti cromati con sottili distorsioni di forma per dare un effetto di riflessione in uno specchio d’acqua. Il tema continua negli scaffali e nei tavoli con piani a specchio, di cui alcuni sono stati realizzati da Malte van der Meyden, designer con sede in Germania.

Tornando alla tonalità blu ghiaccio, quella del pavimento è stato creata attraverso un processo di tintura a pigmenti. Questo colore di grande impatto visivo si estende alla scala e agli arredi, tra cui il banco di vendita a forma ellittico con piano a specchio.

Il negozio soddisfa gli obiettivi dell’Accordo di Parigi 2030 sul clima, avvalendosi solamente di energia elettrica anziché gas e disponendo di un’unità di recupero del calore per ridurre le emissioni di CO2. Inoltre, l’illuminazione soffusa in tutto il negozio è una soluzione a LED a basso consumo energetico.

Il progetto di illuminazione a LED che fa da cornice allo store, all’insegna dello stile nordico, è il Traceline Surface di Reggiani, sistema disegnato da ARUP, che corre su tutto il soffitto creando una percezione di infinito e ottenendo un risultato illuminotecnico coerente con lo spazio. La temperatura di colore scelta per il progetto, 3.500K, assicura una temperatura di colore neutra che si combina con gli arredi e la palette di colori di ispirazione nordica.

Traceline Surface può essere integrato in gole e dettagli architettonici e, in particolare nella versione Continuous Line, può diventare un elemento grafico distintivo, da abbinare ad elementi architettonici e di design. Grazie al driver integrato, può essere installato anche in assenza di controsoffitti. È possibile trasformare facilmente Traceline Surface in un apparecchio a sospensione utilizzando gli accessori personalizzati, sia per i moduli singoli che per la configurazione di linea continua.

Il “gran teatro della luce” spaziando da Tiziano e Renoir a Pellizza da Volpedo, e molti altri, a Domodossola

Anton Van Dyck, Sacra Famiglia con San Giovannino, 1625-1626, olio su tela, Genova, Collezione BPER Banca. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Un calendario ricco di mostre dedicate alla pittura adorna la stagione autunnale e invernale che ci accompagna fino al 2024. I Musei Civici Gian Giacomo Galletti in Palazzo San Francesco a Domodossola ospitano la mostra Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir fino al 7 gennaio 2024. L’esposizione è curata da Antonio D’Amico e Federico Troletti.

L’esposizione è dedicata alla luce su tela nell’arte tra Seicento e Novecento, in un percorso che dal lume di candela arriva alla rivoluzione della luce elettrica. Grandi i nomi presenti: da Tiziano a Van Dyck, passando per Ippolito Caffi e Gaetano Previati arrivando a Renoir. Questi sono gli artisti in una mostra che attraversa diversi secoli, culture, situazioni storiche e nazionalità e che, grazie anche alla preziosa collaborazione di Enel Green Power, intende omaggiare la Val d’Ossola e il suo unico potenziale idroelettrico. Patrocinata dalla Regione Piemonte è stata realizzata dal Comune di Domodossola in collaborazione con la Fondazione Angela Paola Ruminelli e il Museo Bagatti Valsecchi di Milano.

Giuseppe Pellizza Da Volpedo, Panni al sole, 1894-1895, Collezione Privata. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Palazzo San Francesco, il Museo dove è allestita, è uno dei palazzi di rilievo di Domodossola e fu edificato lungo i muri perimetrali di una maestosa chiesa del 1200, dedicata all’omonimo santo di Assisi.

Autore dell’allestimento è l’architetto e lighting designer Matteo Fiorini dello Studio Lys che ha creato un innovativo percorso luminoso per opere e spettatori, inteso ad accompagnare la mostra con una “meditazione” guidata per gli occhi e per la mente. Dunque, immerso in una quinta scenica dove la luce lo conduce, al visitatore viene data l’opportunità  di ammirare, oltre agli infiniti variegati aspetti dell’arte della pittura, anche la lettura della luce vista attraverso gli occhi di grandi interpreti della nostra storia. Per l’allestimento sono stati utilizzati materiali tipici locali dell’Ossola come la pietra di serizzo.

Angelo Morbelli, La sedia vuota, 1903, olio su tela, Collezione privata. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

La prima sezione è dedicata ai dipinti “a lume di candela”, scenari da fonti di fuoco vivo, ovvero la luce artificiale primitiva. Sofisticate opere di artisti fiamminghi seicenteschi come Gherardo delle Notti (Gerrit o Gerard van Honthorst, 1592-1656), Adam de Coster (1586-1643) e Trophime Bigot (1579-1650) in dialogo con un’opera di Angelo Inganni (1807-1880) di molto posteriore – è datata 1850 – il Contadino che accende una candela con un tizzone ardente, proveniente dalla collezione della Fondazione Cariplo, e con una  Natura morta di Giorgio de Chirico (1888-1978) del Novecento.

Francesco Trevisani, Giaele e Sisara, prima metà del ‘700, olio su tela, Collezione Banco BPM. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

L’artificio teatrale della luce è il cuore della mostra e è esaltata da protagonisti assoluti della scena sacra tra fine Cinquecento e Ottocento, tra questi, il mirabile Cristo morto sorretto dagli angeli di Paolo Piazza (1560-1620) pittura a olio, dalla collezione di Banco BPM, il meraviglioso e struggente capolavoro Deposizione di Cristo nel sepolcro di Tiziano (1488/90-1576) proveniente dalla Pinacoteca Ambrosiana di Milano e il caravaggesco Cristo alla colonna di Mattia Preti (1613-1699) collezione privata.

Tappa successiva per i visitatori è la sezione dedicata alla “luce nella natura”, declinata nel paesaggio lacustre e montano: qui gli artisti osservano e interpretano i differenti momenti della giornata e come cambiano la tonalità e l’intensità della luce nell’alternarsi delle stagioni.  Ammirevoli le opere di artisti ottocenteschi come Ippolito Caffi (1809-1866), Domenico Induno (1815-1878) e Angelo Morbelli (1854-1919) oltre alle tele di grandi dimensioni dedicate al paesaggio ossolano esposte per la prima volta, in cui vengono ripresi i riflessi dell’acqua che riproducono in modo spettacolare le luci tipiche della vallata.

Gaetano Previati, Il lavacro dell’umanità, 1901, olio su tela, Collezione Banco BPM. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Questa sezione espone due splendidi capolavori: Le lavandaie a Cagnes di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) e Panni al sole, strepitoso dipinto divisionista di Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907), collezione privata, Tutte queste preziose opere della storia dell’arte possono essere ammirate insieme agli effetti luministici di un gruppo di opere tra Otto e Novecento: la luce controllata, come quella che emana La morte di Cleopatra di Achille Glisenti (1848-1906); la luce emozionale, visibile nelle tele di Gaetano Previati (1852-1920), Giovanni Sottocornola (1855-1917) e Giuseppe Mascarini (1877-1954); ma anche una luce narrante la presenza della Provvidenza raffigurata nel Soccorso ad un rovescio di fortuna di Giuseppe Molteni (1800-1867).

Pier Francesco Mola, Diogene, 1640-1660, olio su tela, Collezione Banco BPM. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Una importante sezione della mostra è stata dedicata alla conquista tecnologica dell’elettricità. In questo territorio, che ha visto nascere le prime centrali idroelettriche, tra le centrali più belle e produttive, dei veri e propri gioielli di architettura del Novecento che rivivono nel materiale d’archivio di Enel Green Power. Rarissime fotografie retroilluminate, piccoli macchinari, un plastico in lamelle di legno permettono di ricostruire la storia di questi edifici così importanti per l’Ossola e per la produzione energetica del Paese. Sono presenti in mostra il Plastico con gli impianti idroelettrici della valle del Toce (1930 ca.).

“Il Gran teatro della luce è una mostra che presenta capolavori rari, difficilmente visibili al grande pubblico e che intende avvicinare i visitatori a una narrazione per immagini lontane tra loro nel tempo evidenziando il cambiamento dell’uso della luce, la sua diversa resa tecnica, ma anche come il suo valore si sia evoluto nelle varie epoche; un viaggio nel tempo e nello spazio, alla scoperta delle infinite declinazioni della luce che non smettono mai di coinvolgere e incantare l’uomo”.

Giuseppe Pennasilico, Sulla riva della Toce, Galleria Italo Segalini. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Le opere che i visitatori possono ammirare dal vero sono quarantacinque, tredici provenienti da un prestito gentilmente concesso da Banco BPM.

La mostra è realizzata grazie al sostegno di Findomo, Palissandro Marmi – Gruppo Tosco Marmi, Ultravox, Enel Green Power, Domocentro by Spinella & Tamini, Colorificio VR, Mac Impianti, Studio Specialistico ABC, Adi – International Chips.

Adam De Coster, Concerto, olio su tela, Collezione Koelliker. Courtesy Il Gran Teatro della Luce. Tra Tiziano e Renoir

Certamente vale la pena di programmare una gita a Domodossola nella provincia del Verbano Cusio Ossola che a dispetto di trovarsi a Nord della Valle d’Aosta è facilmente raggiungibile in auto o in treno, anche ad alta velocità, con percorsi che costeggiano panorami mozzafiato come la riviera del Lago Maggiore.

Musei Civici “Gian Giacomo Galletti”, Palazzo San Francesco, Piazza P.A. Ruminelli, 1 – Domodossola

Tel. 0324-492316 Cell. 338 5029591 www.museicivicidomodossola.it

Email: [email protected]

Aperto tutto l’anno. Orari estivi (21.07.2023 – 08.10.2023) da giovedì a domenica: 10 – 13 e 15 – 19 / Orari invernali (12.10.2023 – 07.01.2024) da giovedì a domenica : 10 – 13 e 15 – 18

Il polo scolastico in corso di realizzazione Campus KID a San Lazzaro di Savena ospita gli Stati Generali dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Campus KID San Lazzaro, ATRIO, Visual by MCA

Campus KID, il nuovo polo scolastico progettato dallo Studio MCA – Mario Cucinella Architects, sarà la sede di inaugurazione il 26 ottobre degli Stati Generali dell’Infanzia e dell’Adolescenza (26-28 ottobre 2023), annunciati dal Sindaco Isabella Conti di San Lazzaro di Savena in provincia di Bologna. I temi di riflessione saranno  i problemi e le difficoltà delle famiglie contemporanee nel nostro paese. Gli Stati Generali, evento in collaborazione con Nomisma, cercheranno di rispondere a queste domande e di capire come investire sull’educazione, sull’infanzia e sull’adolescenza. È in programma anche un confronto sulle best practice, in atto internazionalmente, con l’obiettivo di tracciare le linee guida di intervento per le amministrazioni comunali.

Campus KID San Lazzaro, BOX LIBRARY, Visual by MCA

Il nuovo polo scolastico Campus KID, che sarà definitivamente aperto e attivo nel 2024, si trova al confine sud-est del comune di San Lazzaro ai piedi delle colline bolognesi. Il progetto interviene su un’area caratterizzata dalla presenza di differenti tipologie di servizi e strutture e vuole essere un landmark urbano di connessione tra la città e il territorio circostante.

Il centro didattico Campus KID è composto da spazi innovativi e polivalenti per l’insegnamento e per l’apprendimento, intesi a favorire la relazione, la condivisione e la creatività tra gli alunni. Gli spazi sono iscritti in diversi volumi – due scuole, un auditorium e una palestra per ospitare un massimo di 950 studenti – ma è il tetto sospeso come un “foglio” tra gli edifici a caratterizzare visivamente il Campus KID. Questo “foglio” progettuale costituito dalla copertura, dà all’intero complesso una forte identità. È questo grande elemento ad accogliere sotto di sè tutte le funzioni del plesso scolastico, creando continuità tra i diversi spazi e dando vita a un corpo unico dal punto di vista percettivo.

Campus KID San Lazzaro, HALL1, Visual by MCA

Un altro elemento architettonico di forte valenza è l’agorà, una piazza circolare al centro delle due scuole, che rende l’ingresso a scuola accogliente. Infatti, gli alunni entrano in un ambiente all’aperto, ma raccolto e rassicurante. L’agorà svolge anche il compito di ingresso principale per gli spazi comunitari, quali le aule polifunzionali, l’auditorium e la mensa.

Campus KID San Lazzaro, HALL2, Visual by MCA

La scuola elementare (6-11 anni) prevede 20 aule didattiche, laboratori e aule speciali e può ospitare un massimo di 500 bambini. La scuola media (11-14 anni) prevede l’utilizzo dell’edifico esistente, che conta 18 aule didattiche e laboratori; l’ampliamento, a cura di MCA, ha poi previsto la creazione di ulteriori laboratori e aule di musica. La scuola media può ospitare un totale di 450 alunni.

Campus KID San Lazzaro, palestra interna grafiche, Visual By MCA

Gli spazi scolastici sono progettati per andare incontro sia a esigenze didattiche tradizionali che a dinamiche innovative offrendo nuovi scenari per la relazione e la condivisione, le esperienze in laboratori e l’uso polivalente. I due edifici scolastici hanno spazi aperti senza corridoi, dove il bambino può essere “accompagnato” nella sua formazione, dalle scuole elementari alle scuole medie. Il risultato complessivo è quello di uno spazio relazionale inclusivo e flessibile che integra gli ambienti per la didattica agli spazi comuni, compresa una biblioteca, un laboratorio d’arte, uno multimediale e uno di scienze. Luce, colori, spazi dinamici e flessibili, cortili e giardini, il contatto con la natura: questi ingredienti creano un ambiente di comfort ideale dove i bambini più piccoli e anche i ragazzi delle scuole medie possano crescere sia intellettualmente sia fisicamente.

Campus KID San Lazzaro, redHALL, Visual by MCA

Alcuni ambienti sono stati progettati come spazi flessibili durante la giornata per poter essere usati per ospitare attività diverse, anche extra-scolastiche e ad uso pubblico, aprendosi così alla comunità.

All’interno del complesso c’è una palestra tripla – configurabile in varie tipologie di campi sportivi – e diversi ambienti di servizio come spogliatoi, gradonate per il pubblico, magazzini e locali tecnici, il tutto in utilizzo anche alle società sportive locali in orario extra-scolastico. I campi principali saranno inoltre omologati CONI.

L’illuminazione è interamente in LED. Inoltre, nelle aule sono predisposti due sensori che rilevano il livello di illuminazione naturale artificiale. Questo è possibile grazie all’impianto a BUS.

Campus KID San Lazzaro, Planimetria di MCA

Le componenti impiantistiche e strutturali dell’edificio sono progettate partendo dall’analisi e dallo studio del microclima locale, fondamentale anche nella progettazione degli spazi aperti del plesso.

Infine, ampio spazio è dato al progetto paesaggistico del nuovo polo scolastico Campus KID – con l’obiettivo di creare una “struttura vegetale” che faciliti il contatto e l’apprendimento “con” e “nella” natura. L’intervento, oltre a un parco pubblico, include un giardino didattico: uno spazio con orti, serre e un piccolo frutteto – dove gli alunni saranno guidati dagli insegnanti nella coltivazione – e sono previste aree di apprendimento – una con sedute naturali in tronchi su pavimentazione in gomma colorata e l’altra con una seduta ad auditorium su prato – e alcune di gioco – con pavimentazioni naturali, una in sabbia e una in trucioli di legno.

L’utilizzo di vegetazione autoctona e “naturalizzata”, per i nuovi impianti arborei e arbustivi previsti dal progetto, mira a creare la percezione di un “paesaggio” il più vicino possibile a quello che è ancora possibile vedere fuori città, in alcuni lembi di pianura e in collina, garantendo un aumento della biodiversità locale.

Le piantumazioni sono tutte caducifoglie e di conseguenza con il loro fogliame contribuiscono a mitigare la radiazione solare durante la stagione estiva e quando cadono le foglie in autunno a preservare l’illuminazione naturale degli spazi durante la stagione invernale.

Il risultato complessivo è racconta l’architetto Mario Cucinella, fondatore di MCA – Mario Cucinella Architects è “uno spazio aperto alla comunità e in armonia con il parco urbano, che garantisce condizioni di benessere negli spazi esterni ed interni, sfruttando le potenzialità del sito per migliorare il comfort, minimizzando i consumi e massimizzando le strategie passive”

 

Crediti

Luogo: San Lazzaro di Savena (BO)

Anno: 2018 – in corso

Tipologia: Istruzione

Cliente: Comune di San Lazzaro di Savena

Area: 8.400mq

Progetto: Mario Cucinella Architects

Team: Mario Cucinella, Tommaso Bettini (Design Director), Marco Dell’Agli (Project Director), Cecilia Patrizi (Project Director), Ulrich Seum (Project Leader), Luca Vernocchi (Project Leader), Luca Sandri (Project Leader), Silvia Conversano (Team Member), Francesca Fabiana Fochi (Team Member), Laura La Mendola (Team Member), Alessio Naldoni (Team Member), Simone Papucci (Team Member), Maria Pazzaglia (Team Member), Martina Ruini (Team Member), Valerio Vincioni (Team Member), Augusta Zanzillo (Team Member), Andrea Rossi (R&D), Roberto Bacchilega (Landscape Design), Roberto Guidi (Computational). Walter Vecchio (Visual Artist)

Progettazione strutturale, impianti elettrici e speciali coordinamento sicurezza: Ing. Tommaso Pazzaglia

Progettazione antincendio: Arch. Christian Zambonini

Geologo: Geol. Claudio Preci

Esperto energetico-ambientale: Ing. Cosimo Marinosci

Impresa esecutrice 1. e 2. Stralcio: RTI con Capogruppo Ahrcos (opere edili), con Sistem (carpenteria lignea), INCI (carpenteria metallica), MEI (Impianti)

Pablo Picasso in vesti “phygital” a Napoli: Pasión Picasso

Mockup Softec, dettagli, Pasión Picasso. Courtesy Pasión Picasso

Nel cinquantenario della sua scomparsa Pablo Picasso, artista sempre pronto ad abbracciare nuove vie espressive nel suo sfolgorante percorso artistico, diventa phygital. Sarà la città di Napoli ad ospitarlo all’Archivio di Stato con la mostra ad ingresso gratuito Pasión Picasso dal 14/10/2023 fino al 14/01/2024. I visitatori vivranno un’esperienza unica, immersiva, nello straordinario universo immaginativo del grande genio spagnolo. Trentanove opere custodite dai più prestigiosi Musei internazionali, si animeranno in un “trionfo visivo ed emotivo di arte, cultura e bellezza”, inclusa la sua opera più famosa Guernica.

Realizzato grazie alla volontà di Candida Carrino, Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, e al forte sostegno della Regione Campania – nell’ambito del POC 2014-2020 – e con il supporto innovativo e tecnologico di Softec, l’evento vuole coinvolgere il grande pubblico consentendo loro di aprire una finestra di connessione virtuale con l’artista e con le sue opere più intense e spettacolari. Sono le opere esposte in Italia nel 1953 in due mostre significative, l’una alla GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e l’altra al Palazzo Reale di Milano.

Phygital nella mostra Pasión Picasso rappresenta la dimensione ottenuta dal fondersi degli strumenti digitali con lo spazio fisico per vivere experienze “aumentate”. In altre parole il fulcro del concept è fare uso della tecnologia per costruire ponti tra il mondo fisico e il mondo digitale. Così, ad esempio, il visitatore può entrare direttamente nel cuore del bombardamento raffigurato in Guernica (1937), e rivivere i dettagli della guerra fratricida come la disperazione della donna che alza le braccia al cielo. Le innovazioni tecnologiche attuali permettono di stimolare una suggestione empatica, simulando tramite l’appello virtuale ai nostri sensi, una rilettura dell’arte non puramente con l’ausilio della nostra osservazione, con l’apprendimento intellettuale ed emotivo dall’esterno di un dipinto, bensì con l’immersione fisica e sensoriale dall’interno dello stesso.

Mockup Softec, dettagli, Pasión Picasso. Courtesy Pasión Picasso

La mostra Pasión Picasso si trasforma nella dimensione Phygital in un viaggio che, dal centro di Napoli, accoglie e accompagna il visitatore con una serie di touchpoint, con cui può interagire grazie al proprio smartphone”, spiega Massimo FuroniChief Strategy Officer Softec, che prosegue dicendo come  “intuitività, immediatezza e immersività siano, infatti, le tre parole chiave della phygital experience Pasión Picasso. La tecnologia diventa così un potente abilitatore, in quanto permette di fruire dell’esperienza artistico-culturale, senza richiedere alcuna competenza tecnica o strumento digitale altamente performante. L’Arte per tutti, accessibile a tutti, così come dovrebbe essere per garantirne la massima socializzazione e diffusione capillare, in applicazione dei principi costituzionali. Siamo grati alla Direttrice Carrino per aver voluto aprire le porte del suo prestigioso istituto per offrire la fruizione gratuita di una mostra che è azione democratica di divulgazione”.

Sarà inoltre possibile osservare da vicino documenti d’archivio, articoli di giornale, cartoline, fotografie e lettere autografe di Pablo Picasso risalenti al 1953 in un viaggio intenso ed emozionante, enfatizzato anche dalla bellezza carica di secoli dello stesso spazio fisico che ospita l’iniziativa, il cinquecentesco Chiostro del Platano.

L’iniziativa si inserisce nel contesto delle celebrazioni ufficiali internazionali del grande Progetto congiunto della Commissione Binazionale Spagna e Francia Picasso Celebration 1973-2023 per la ricorrenza del cinquantenario della morte di Pablo Picasso. La Mostra, a cura l’Archivio di Stato di Napoli – Ministero della Cultura, è frutto dell’alleanza fra l’Italia e la Spagna e delle loro articolazioni culturali.

Una brevissima nota personale in spirito picassiano, almeno spero non sono un’esperta d’arte pur essendone appassionata, per chi è curioso come me e vuole comprendere meglio il neologismo usato inizialmente dal marketing phygital, (physic + digital una fusione di due aggettivi per anglofoni), o “figitale” in forma italianizzata, entrato da poco nel nostro vocabolario. Picasso amava la sintesi, infatti volle utilizzare per sé solo due delle ben venti parole che componevano il suo nome, (Pablo Diego José Francisco de Paula Juan Nepomuceno Maria de los Remedios Cipriano de la Santísima Trinidad Ruiz y Picasso), ovvero il primo e l’ultimo. Credo avrebbe amato il fatto che il suo lavoro fosse trasposto in forma phygital.

DOVE LA LUCE INCONTRA LA PITTURA E LA POESIA

Veduta dell’allestimento “Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce”
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
Photo © Studio Fotografico Enrico Cano Sagl

Per i cultori dell’arte appassionati la mostra Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce, che si è aperta a Lugano in Svizzera il 24 settembre scorso nella sede della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati del circuito MASI, è una tappa imperdibile. Si concluderà il 14 gennaio 2024.

Il titolo ci riporta al grande poeta italiano Giuseppe Ungaretti, le cui parole che condensano realtà del sentimento emozionale e fisico e che fanno ormai parte del nostro più elevato “bagaglio” culturale. Per molti di noi infatti è indelebile nell’immaginario Mattina, quella sua poesia scarna “M’illumino d’immenso” che risuona semplice e straordinaria. Ungaretti, precursore e caposcuola dell’ermetismo, è in questo caso il trait d’union tra due grandi pittori del Novecento italiano. Amico dell’uno e ammiratore dell’altro, di cui si è occupato anche come critico, negli anni sessanta produsse con Piero Dorazio un libro (La luce. Poesie 1914-1961, Erker Presse, San Gallo, 1971) in edizione limitata, dedicato al tema della luce. Furono scelte venti poesie tra cui Dove la luce, cercando quelle che potessero esprimere questo fenomeno così intimamente legato alla vita, stampate in verde e infine illustrate dall’artista romano Dorazio con tredici litografie.

Veduta dell’allestimento “Balla ’12 Dorazio ’60. Dove la luce”
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
Photo © Studio Fotografico Enrico Cano Sagl

In questa mostra in territorio svizzero ideata da Danna Battaglia Olgiati, il tema su cui si confrontano a posteri Giacomo Balla e Piero Dorazio è proprio la luce, in un racconto visivo affidato a quarantasette opere create attorno a due date: il 1912, anno di nascita delle Compenetrazioni iridescenti di Balla e il 1960 quello delle Trame di Dorazio.

Schizzo dell’allestimento di Mario Botta
Studio architetto Mario Botta
Photo © 2023 MASILugano

Uniti da una straordinaria affinità elettiva e sensibilità sia artistica che affettiva, entrambi si erano concentrati sul fenomeno della luce durante il loro percorso, con un punto di culmine in due periodi particolari, appunto attorno il 1912 per Balla e il 1960 per Dorazio, date che la curatrice Gabriella Belli, fondatrice e al timone del Mart di Rovereto e poi fino al 2022 alla direzione dei Musei Civici di Venezia, ha voluto porre in primo piano in questa manifestazione.

Dove la luce. Giacomo Balla Compenetrazione iridescente radiale (Vibrazioni prismatiche), 1913-1914.
Tempera su cartoncino
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino. Su concessione della Fondazione Torino Musei
Photo © 2023, ProLitteris, Zurich

Quasi cinquant’anni passano tra le une e le altre, eppure ciò che seduce e ancora ci interroga di quel fenomeno luminoso, di cui queste opere sono interpreti e tributi, è il mistero che al di là di ogni verità scientifica sentiamo in tralice calamitare il nostro sguardo dentro le superfici” sono le parole a commento di Gabriella Belli.

Dove la luce. Giacomo Balla Compenetrazione iridescente n°1, 1912
Matita, olio e pastello a cera su carta (99 x 59 cm)
Palazzo Maffei, Casa Museo, Verona
Photo © 2023, ProLitteris, Zurich

Piero Dorazio (1927-2005), uno dei maggiori astrattisti europei, frequenta Giacomo Balla (1871-1958) andandolo a trovare nella sua casa in via Oslavia 39/b, a Roma, negli ultimi anni della vita del grande maestro che amava chiamare le sue nature morte “nature vive” e che aderì al futurismo per poi rinnegarlo. Dorazio, molto più giovane di Balla, trova in lui affinità e sintonia, anche nell’interesse verso la rappresentazione della luce. Le sue Trame, esposte in mostra furono tuttavia una breve parentesi della sua esperienza artistica. Le sue grandi tele, dipinte tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta, vogliono fissare su tela la luce rendendola quasi materiale, densa e sono costruite da linee incrociate di ombre e luci in una sperimentazione simile volutamente a quella di Giacomo Balla. Gli studi di Balla sull’iride, o l’arcobaleno, le famose Compenetrazioni iridescenti, sono fatte su fogli di taccuino sebbene  costituiscano uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla, proprio per quel loro presentarsi come precoci sperimentazioni astratto-geometriche, e nacquero nel volgere di pochi mesi durante il suo soggiorno come ospite nella villa Löwenstein in Germania a Düsseldorf. Balla, antesignano della figurazione astratta, era stato invitato a decorare lo studio di questa splendida villa sul Reno, e si dedica nei ritagli di tempo in modo sperimentale ai lavori presentati in mostra. Si renderà conto della loro importanza solo negli anni Cinquanta. È di fatto una nuova idea di pittura, nata dall’osservazione della natura, delle rifrazioni luminose e dei fenomeni “luministici” che si esplicano con reticoli a geometrie triangolari, a nastro o sferiche in composizioni astratto-geometriche che anticipano l’astrattismo. Balla lavora con rigore scientifico usando matite colorate, tempera e acquarelli inseguendo le iridescenze dell’arcobaleno: dal rosso all’arancio, al giallo, al verde, all’azzurro, all’indaco e violetto. Anche se come ci fa notare la curatrice Gabriella Belli, l’artista “pur in debito con l’osservazione della natura – come la critica ha sempre rilevato – ogni suo esercizio non sarà mai fredda e calcolata applicazione di teorie scientifiche, ma piuttosto un affondo nella natura fino a coglierne i nessi più nascosti e misteriosi”. Le Compenetrazioni iridescenti sono piccoli capolavori, dipinti su carta, alcuni su tela, rarissimi per numero e qualità, e ulteriore dignità ai quadro viene aggiunta dalle cornici, spesso disegnate dal pittore.

Piero Dorazio Troppo segreto, 1961
Olio su tela (197 x 114 cm)
Courtesy vitArt S.A., Lugano
Photo © 2023, ProLitteris, Zurich

Per il progetto dell’allestimento di questo evento che segna un confronto artistico unico, la curatrice Gabriella Belli ha chiamato l’architetto Mario Botta, già autore dell’architettura del Mart di Trento. Un sodalizio di altissima valenza che risulta in un capolavoro anche nel supporto alla visione delle opere stesse.

L’allestimento dedicato alle opere di Giacomo Balla, che sono quasi tutte di piccole dimensioni, è una composizione di spazi bianchi. Le rientranze regolari formano delle nicchie costruite da tre elementi, di cui due verticali e uno triangolare inclinato che esaltano la lettura delle opere, rese ancora più “preziose” dall’essere sospese nello spazio. Per ciò che riguarda la parte dedicata all’esposizione delle opere di Piero Dorazio, che sono molto grandi in contrasto alle precedenti, Mario Botta ha invece disposto di presentarle su un fondale di supporto nero. Il progetto ha il duplice obiettivo di distinguere le opere di Dorazio da quelle di Balla, consentendone allo stesso tempo la vicinanza e il rimando visivo e percettivo che ricorre nel percorso espositivo. Infatti le opere dei due artisti si susseguono a intervalli regolari. Mario Botta con il suo allestimento ha voluto portare all’attenzione del visitatore le similitudini e le diversità dei due linguaggi artistici e pittorici separati da quasi cinquant’anni di storia creando un pattern, una trama nella trama, dialogando con i due grandi autori della rappresentazione astratta su un tema quello della luce, vitale ed elusivo perché immateriale caro anche al maestro dell’architettura Botta.

Piero Dorazio Allo scoperto, 1963
Olio su tela (162 x 114 cm)
Pinacoteca “Corrado Giaquinto”, Bari
Photo © 2023, ProLitteris, Zurich

Le opere esposte provengono dalla GAM di Torino, dal Mart di Rovereto, dall’Archivio Dorazio e da collezioni private e museali.

Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo ampiamente illustrato, edito da Mousse-Milano, con testi di Gabriella Belli, Francesco Tedeschi, autore del Catalogo ragionato di Piero Dorazio, e Riccardo Passoni, direttore della GAM di Torino, dove sono conservati i fogli più importanti di Balla. Completano il volume ricchi apparati critici a cura di Giulia Arganini (per Giacomo Balla) e Valentina Sonzogni (per Piero Dorazio). Un’ intervista a Mario Botta espliciterà i criteri espositivi della mostra.

www.masilugano.ch

Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Riva Caccia 1, 6900 Lugano.

Ingresso gratuito. Gio – Do: 11:00 – 18:00

Il futuro è in mano alle donne. Il discorso ai giovani di Gaetano Pesce

Gaetano Pesce, attesissimo. Il suo talk, “Capire il futuro”, dedicato ai giovani ha raccolto un folto e compatto pubblico di studenti, di giovani e anche di designer, giornalisti e professionisti del design, che si sono stretti attorno al grande maestro. Lo scultore, artista e designer è stato invitato all’Arena del SaloneSatellite per raccontarsi e rispondere alle domande dei giovani designer in questo spazio della fiera a loro destinato. Viene introdotto da Marva Griffin sua amica da sempre, da quando si conobbero alla allora C&B oggi B&B Italia.

“Battete le mani alle donne, il futuro è femminile” esordisce, la risposta non si fa attendere ed arriva calorosa. Un discorso volto al femminile quello di Gaetano Pesce. “Cambiate il mondo per renderlo migliore, è pieno di errori, violenza e stupidità: le donne possono rendere il mondo un luogo migliore, questo è ciò di cui parla Big Mama”, la sua iconica poltrona Up disegnata nel 1969 per B&B Italia, che fece innalzare, alta otto metri in Piazza Duomo nel 2019. Viviamo in un mondo elastico, liquido, morbido: Il futuro è in mano alle donne. Questa la tesi portante del discorso ai giovani di Gaetano Pesce.

Dopo aver ricevuto manifestazioni di affetto ed approvazione dalla parte del pubblico, il mastro del design prosegue parlando dell’unicità del progetto e della progettazione, che dalla sua prospettiva deve partire da motivazioni che possono anche essere politiche, religiose o più semplicemente personali e soggettive: “Il design o l’arte a servizio della società apre le porte al futuro. Esprimetevi!”

In essenza, Gaetano Pesce nel suo discorso ai giovani designer ha voluto porre attenzione su come sia importante saper esprimere il proprio valore nella progettazione, sapendo osare, utilizzando la curiosità, sempre volta al futuro, anche nell’uso e nella ricerca dei materiali e non solo la forma. E’ necessario oltre alla forma e funzione riuscire a recuperare significato nel progettare. Infatti non esiste la bellezza assoluta; la ricerca meramente estetica diventa un esercizio stilistico che non porta all’innovazione. Gaetano Pesce sollecitato dalle numerose domande rivolte dal pubblico ha posto l’accento sull’uscire dalla ripetitività. La standardizzazione diventa un limite all’esperienza ed i suoi oggetti si distinguono proprio per il fatto di essere sempre unici anche quando vengono prodotti in edizione limitata ed invita ad andare a vedere le borse che ha creato per Bottega Veneta.

Conclude dicendo che “Il design e l’arte a servizio della società aprono le porte al futuro” e quindi, “Esprimetevi!”

Gaetano Pesce, artista di fama mondiale, formatosi come architetto e poi designer, entra a far parte del design radicale negli anni sessanta. Nel 1972 partecipa alla leggendaria mostra “Italy: the new domestic landscape” al Moma di New York, che raccoglieva tutti i grandi nomi del design italiano e dove il design italiano venne consacrato internazionalmente.

Rimane folgorato dalla metropoli americana e, dapprima gli dedica un divano prodotto da Cassina, che intitola “Tramonto a New York” convinto del declino della città, e successivamente invece vi si trasferisce essendone totalmente conquistato. E lì, come dichiara egli stesso, vuole rimanere.

Conclude con una dichiarazione d’amore per il luogo in cui ormai vive da anni: “New York mi affascina per tante ragioni, per esempio perché lì il design incontra l’arte, o ancora perché gli abitanti rappresentano tutte le diversità e le minoranze. New York è una fucina di creazione, energia ed innovazione”.