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DAVIDE FRISONI: PER ME LA LUCE È RIVELAZIONE, SVELAMENTO, RICONOSCIMENTO. I DIPINTI DELL’ARTISTA IN MOSTRA A SOMMACAMPAGNA (VR)
By Cristina Ferrari
Pubblicato il
Marzo 2024
Giochi di luci e ombre con squarci di luce che illuminano dettagli di paesaggi urbani in cui si muovono figure umane sottolineate dalla luce stessa o semafori e autovetture a loro volta “fonte di luce”; luci “misteriose” in cui ciascuno può vedere e immaginare quello che vuole; superfici dall’effetto bagnato e riflettente, quasi “percepibile al di là degli occhi”, creato con un sapiente uso di colori stesi con la spatola.
Sono queste le opere di Davide Frisoni, pittore nato a Rimini nel 1965 i cui dipinti, oltre che in Italia, sono stati esposti negli Stati Uniti, in Turchia e in Austria e sono presenti in musei e collezioni pubbliche e private in Italia, Stati Uniti, Giappone e altri Paesi. Punto di partenza della sua ricerca sono le strade, urbane e riconoscibili di New York, di Rimini o di altre città, perché rappresentative dei concetti di viaggio e di “vita che scorre”. E poi la luce, elemento che rende tutto questo visibile illuminando il percorso, mentre il colore diventa lo strumento per interpretare il viaggio.
Espressione e poetica artistica ben sintetizzate nella mostra Overviews, una raccolta di punti di vista e prospettive, già esposta a Milano e attualmente ospitata nella cornice dell’Azienda Agricola Monte del Frà di Sommacampagna (VR), tra botti e bottiglie di vini, eccellenza del territorio, grazie alla partnership con la holding 6499 Milano.
L’ARTE DI DAVIDE FRISONI
Come è nata la sua passione per la pittura?
Sono stato folgorato dalle sculture della Cappella Medicea di Michelangelo all’età di 10 anni in gita scolastica a Firenze. Non avevo nessuna abilità evidente all’epoca, ma era riconosciuta la mia sensibilità per la bellezza. Provavo e riprovavo a disegnare, a incidere il legno, proprio perché desideravo plasmare con le mani quello che vedevo. Poi, quando frequentavo la terza media, hanno presentato il nuovo Liceo Artistico che stava per nascere a Rimini e hanno detto testuali parole “pittori non si nasce, si diventa”. Mi si è accesa una lampadina e così ho iniziato a riconoscere la realtà e ho imparato a farla mia per raccontarla attraverso le mie opere.
La luce è un elemento dominante nelle sue opere. Cosa significa per lei?
La luce è rivelazione, svelamento, riconoscimento. La nostra storia, la tradizione mediterranea, ha dato della luce una precisa connotazione spirituale. Dagli albori della civiltà il sole (quindi la luce) era considerato una divinità. Così come la notte, la luna, il buio sono divinità opposte.
Questo gioco, o meglio dualismo, luce/ombra da sempre incide nella cultura popolare, ma anche in quella filosofale. Il mio tentativo personale è di trasmettere, attraverso la luce delle mie opere, un senso positivo della realtà, della circostanza. Stare fermo al semaforo sotto la pioggia è diventato uno dei momenti più significativi e privilegiati di lavoro interiore anziché una predita di tempo.
Nelle sue opere le superfici sono raffigurare come se fossero “bagnate”.
Sono bagnate! Le motivazioni di questa scelta sono molte. La prima è la mia passione per il cinema dove nel 90% dei casi la strada è bagnata perché utile all’atmosfera della scena, la strada bagnata dalla pioggia diventa uno specchio riflettente.
C’è di più… La mia ricerca non tratta dell’idea del “doppio ribaltato” come quando ci guardiamo allo specchio, no. Il riflesso sull’asfalto ha una vita propria. La luce riflessa è dieci/cento volte la sua origine. Una luce rossa del semaforo sull’asfalto si trasforma, si converte in una lunga scia colorata e luminosa. Quasi una cometa, una rivelazione.
Quali sono le sue tecniche e come utilizza i vari materiali?
Dipingo sostanzialmente a olio su tela, qualche lavoro su tavola e su carta. Come strumento privilegiato uso la spatola che mi impedisce (volutamente) di entrare troppo nei particolari per non scadere nel descrittivo.
Quando scelgo un soggetto, di quel luogo scelgo tutte le fotografie, bozzetti e disegni che ho fatto in vari periodi dell’anno, stagioni, diurni e notturni. Li attacco tutti attorno alla tela bianca e inizio a dipingere. Da uno la prospettiva, dall’altro il riflesso, da un’altra foto il colore del cielo, da un bozzetto un gesto… Cerco di raccontare un luogo, non ricopio pedissequamente una fotografia, non mi interessa. Non è quella la mia ricerca.
Come si è evoluta la sua pittura?
Sono un appassionato di anatomia e della macchina umana, per questo ho iniziato dipingendo corpi e facendo ritratti. Ci ho dedicato i primi cinque/sei anni della mia ricerca.
Poi improvvisamente la folgorazione, l’ennesima della mia storia. La notte del 24 agosto 1998, notte in cui diluviava. Stavo tornando a casa arrabbiato e preoccupato. L’amico poeta Davide Rondoni mi aveva invitato ad allestire uno spazio con le mie opere, dedicato alla lettura di poesie e agli incontri con alcuni artisti. In assoluto la mia prima mostra. Capite l’importanza? Monto le opere alle pareti, ma nessuna era giusta per il piccolo palco. L’incubo della parete bianca! Con questa tensione, con questa domanda, inforco la macchina e parto verso casa. La tensione era talmente alta che ho iniziato a urlare: “Possibile?! Cosa c’entra con me questa storia?! Perché a me?!…”. All’improvviso… vedo! Vedo la strada che rifletteva le luci delle macchine ferme al semaforo dall’altra parte dell’incrocio. Vedo il riflesso rosso del semaforo sul cofano della macchina. Vedo! La realtà si è spalancata al mio sguardo!
Sono passati quasi trent’anni e la realtà continua a spalancarsi ai miei occhi. La luce continua a incrociare il mio sguardo, una presenza permanente. Non posso odiarla, non posso non amarla. Tutta la realtà è per me. Questo è ciò che muove il mio pensiero, il mio cuore, il mio sguardo e le mie mani. Spero si colga quando qualcuno si sofferma davanti alle mie opere.
OVERVIEWS E LA COLLABORAZIONE CON 6499 MILANO
La mostra, visitabile fino al 31 marzo (ma verrà probabilmente prorogata), è a cura di Amedeo Demitry, general manager e co-fondatore di 6499 Milano, con cui l’artista collabora da anni.
Come è nata la sua collaborazione con Davide Frisoni?
Io e Davide Frisoni abbiamo impiegato un po’ per iniziare a collaborare. I primi contatti sono nati quando ero direttore generale di un’altra società che si occupa di promozione e vendita di opere d’arte e che ho poi lasciato per assumere lo stesso incarico dalla 6499 Milano. Quindi la sua collaborazione è iniziata con l’altra società e io seguivo un po’“a margine” gli sviluppi della sua promozione. Con 6499 invece tutto è cambiato, c’è stato modo di incontrarsi e, oltre che dalle sue opere, sono stato attratto dalla sua persona. Davide, sarà l’essere romagnolo, sarà che è tecnicamente “superiore”, riesce ad essere accogliente con chiunque gli parli. Da quel momento il suo “pensiero” è divenuto il mio e ho potuto parlarne con una forza che evidentemente prima non avevo. Di lì subito la progettazione di Overiews, una mostra itinerante iniziata a Milano nella nostra sede espositiva di Salvioni Design Solutions in via Durini e oggi approdata nella nostra sede della casa vinicola Monte del Frà. Per il momento il nostro è un viaggio sereno che facciamo con i suoi paesaggi metropolitani, nelle case dei nostri collezionisti. Ho ragione di credere che questo viaggio diventerà sempre più affascinante nel tempo.
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