Il 24 marzo è stata inaugurata la VI edizione del Brescia Photo Festival, evento di rilevanza internazionale promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana, che propone una ricca serie di mostre allestite sia nella città che in sedi nella provincia, coinvolgendo anche il Mo.Ca. – Centro delle nuove Culture.
L’edizione di quest’anno ruota intorno al file rouge della “Capitale”, in particolare affrontando i temi della cultura come cura, che reinterpreta la tradizione solidale locale, la città natura, per ridisegnare le relazioni in vista di una coesistenza sostenibile, e la città dei tesori nascosti, per ripensare il rapporto con il patrimonio esistente.
Principale evento del Festival è la mostra Luce della Montagna, prodotta da Comune di Brescia, dalla Fondazione Brescia Musei, dall’Alleanza Cultura e da Skira, in collaborazione con l’Associazione Martín Chambi e con il sostegno di Feralpi Group e curata da Filippo Maggia, ospitata presso il Museo di Santa Giulia fino al 25 giugno. Si tratta di una delle più importanti esposizioni mai realizzate sul “mondo delle vette”, che analizza l’universo iconografico della montagna attraverso 120 opere di Vittorio Sella, Martín Chambi e Ansel Adams, straordinari protagonisti della fotografia di fine Ottocento e Novecento, e Axel Hütte, maestro contemporaneo.
L’esposizione, come spiega il dott. Stefano Karadjov, Direttore della Fondazione Brescia Musei, nasce dall’esigenza di declinare uno dei filoni del tema “Capitale”, ovvero la “città natura” che viene rappresentata dall’elemento naturale dell’ecosistema alpino, comune sia che a Brescia che a Bergamo. Si presenta come un progetto composto dalle visioni dei quattro autori, quattro differenti interpretazioni della montagna, mutate a seconda dell’epoca storica e della consapevolezza conquistata dall’arte fotografica, che documentano la loro personale attitudine nello sviluppare la fotografia per far conoscere il mondo intorno a loro, restituendo sguardi e visioni allo spettatore e portandolo a vivere un’esperienza unica.

È anche un racconto storico che attraversa i secoli della fotografia della montagna (e non solo) e la sua evoluzione, in cui l’elemento della luce è parte integrante, e dilata l’orizzonte geografico dalle Alpi al resto del mondo, documentato dal fotografo, alpinista ed esploratore Vittorio Sella (Biella, 1859-1943) nei suoi viaggi dalle Alpi e Dolomiti al Ruwenzori in Africa, dalle montagne del Caucaso al Sikkim tra Tibet, India e Bhutan, dal Karakorum himalayano fino all’Alaska.
Nei suoi 40 scatti, che aprono idealmente la mostra, viene analizzato il progressivo passaggio da una fotografia tipicamente descrittiva e documenta, fortemente geografica, a una che interpreta la bellezza della natura, riportando per la prima volta spazi naturali evocativi, in cui la figura umana è quasi sempre presente anche se raramente protagonista. Straordinari i panorami composti da grandi lastre in sequenza, tecnica che ha anticipato i software dell’imaging fotografico, e la veduta del monte Cervino del 1885 con la vetta che sbuca dalle nuvole, che Sella considerava la sua immagine più bella.

La fotografia documentaria diventa etnografica e con l’elemento umano dominante in Martín Chambi (Puno, 1891 – Cusco, 1973), fotografo indigeno peruviano di cui vengono presentate 40 immagini, appositamente stampate dalle lastre di vetro emulsionate originali, le stesse che venivano trasportate a dorso di mulo. Chambi immortala vedute di Macchu Picchu, di Pisac, Kenko e Sacsayhuamán nascoste fra le Ande, ma soprattutto ritratti delle popolazioni indigene andine e la vita sociale quotidiana, scene di genere, costumi e feste tradizionali ma anche rovine e strade, in un racconto etnografico in cui la montagna è lo sfondo (anche se talvolta protagonista), quasi un ingombrante accidente. Gli indigeni, soprattutto i poveri, sono i protagonisti assoluti, ritratti con umanità e drammaticità, molto simili ai “pitocchi” (i poveri) rappresentati dal pittore Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti (Milano, 1698 – 1767) detto il Pitocchetto. Chambi dimostra anche una grande padronanza della luce e della sovraesposizioni con forti contrasti e grandi chiaroscuri (come anche Sella e, in seguito, Ansel Adam), di ispirazione rembrandtiana, come da lui stesso sottolineato in un annuncio sul giornale di Cusco che riportava “contraluces rembraliamt”, oltre ad essere l’unico artista della mostra a confrontarsi anche con la luce artificiale (negli ambienti chiusi).

La maestosità della montagna, in particolare della frontiera del West americano, viene celebrata nelle 30 opere di Ansel Adams (San Francisco, 1902 – Carmel-by-the-Sea, 1984), fotografo e ambientalista convinto, uno dei padri fondatori della fotografia paesaggistica in bianco e nero, che svelano una natura ancora incontaminata, quasi eroica e di grande respiro, dove le montagne dominano senza incombere, ma anzi paiono proteggere l’uomo e guidarlo verso il futuro e il progresso. Adams è stato tra i fondatori dell’associazione Gruppo f/64 e ammiratore dell’opera di Vittorio Sella, che per lui era “il maestro a cui riferirsi per la fotografia di montagna, il lavoro del quale manifesta esplicite qualità di grandezza”. Raffinatissimo stampatore, è stato anche l’inventore del sistema zonale, un complesso sistema di controllo dell’esposizione che permette ai fotografi di trasporre la luce in specifiche densità decise dal fotografo stesso, ottenendo così un controllo migliore sulle fotografie finite. Dal punto di vista etico, l’artista si ispirava ai principi di John Muir, fondatore del Sierra Club, ed era tra i promotori della “consapevolezza della fotografia”, ovvero un singolo scatto non è semplicemente la riproduzione di un paesaggio o un’opera d’arte, ma un vero e proprio atto sociale per esprimere una denuncia o suscitare un dibattito, e considerava sua missione divulgare attraverso la fotografia la bellezza e la fragilità della natura e i paesaggi nella loro forma più autentica e primitiva, spesso ritratti in stagioni diverse e/o con differenti condizioni metereologiche.

Natura che è protagonista assoluta anche nelle 20 fotografie di Axel Hütte (Essen, Germania, 1951), raccolte in varie parti del mondo, oltre a degli scatti inediti realizzati appositamente per il Festival che ritraggono alcune vette delle Alpi, come l’Adamello o la Presanella. Allievo di Bernd e Hilla Becher, uno dei cinque protagonisti della cosiddetta Düsseldorf Academy (con Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff), Hütte rappresenta l’evoluzione e la sintesi contemporanea di Sella e Adams. Viaggiatore e perfezionista dell’immagine analogica, è un artista paziente e tenace nella ricerca della fotografia “perfetta” in ogni dettaglio che deve aderire a un progetto di immagine costruito nella sua mente, attraverso una lettura architettonica della montagna, dei suoi volumi che si collocano nello spazio, sospesi fra terra e cielo come veri e propri monumenti naturali, di cui offre visioni alle volte inquietanti, con le vette che sembrano fantasmi che aleggiano sul nostro tempo, sempre più instabile e incerto. Nelle immagini lavora con la purezza del bianco e nero, eliminando il colore non digitalmente ma tramite la ricerca del momento adatto, grazie a nubi e nebbia e a una luce lattiginosa (le immagini stesse andrebbero ammirate a luce naturale, in una giornata nebbiosa o nuvolosa) che nascondono lo spazio retrostante ed eliminano ogni presenza umana (o la rendono marginale), trasformando la fotografia in astrazione e concettualizzazione. Lo spazio montano diventa “non riconoscibile” (non collocabile geograficamente) e quindi “universale”, prima di tutto luogo mentale, un elemento interiore e materia plastica per chiunque desideri plasmarlo e adattarlo al proprio spazio mentale, come un sogno e un lampo di luce. Il risultato sono immagini che sembrano più quadri che fotografie, che ricordano i pittori lombardi del secondo Ottocento e che evocano pace e silenzio in un tempo sospeso. Al termine della mostra, due opere di Hütte saranno acquistate dalla Fondazione Brescia Musei.
Il Brescia Foto Festival, che sta vivendo un’anteprima con la mostra Cose mai viste. Fotografie inedite di Gianni Berengo Gardin, a cura di Renato Corsini in corso fino al 21 maggio al Mo.Ca. – Centro delle nuove Culture, presenta anche quest’anno un ricco palinsesto di eventi.
Presso il Ma.Co.f – Centro della fotografia italiana, verranno allestite:
Dal 24 marzo al 18 giugno 2023: Natura fragile a cura di Renato Corsini, che raccoglie 100 fotografie degli autori tra i più importanti della cronaca e del reportage italiani.
Dal 3 giugno al 16 luglio 2023: L’archivio ritrovato a cura di Renato Corsini, che indaga la ricerca di Nicola Sansone (1921 – 1988).
Dal 24 giugno al 27 agosto 2023: Istanti di storia a cura di Francesca Guerisoli e Denis Curti, che presenta il ciclo completo di opere di Maurizio Galimberti (Como, 1956).
Dal 22 luglio al 27 agosto 2023: I percorsi della fotografia, a cura di Renato Corsini, che celebra Federico Garolla (Napoli, 1925 – Milano, 2012), maestro di un modo di interpretare la fotografia.
L’edizione 2023 del Brescia Photo Festival coinvolge anche il cinema Nuovo Eden che dedica al tema della montagna e della sua rappresentazione sei importanti appuntamenti cinematografici.
Sempre a Brescia, verranno inoltre allestite due altre mostre che si inseriscono nel programma del Festival.
Fino al 12 novembre 2023, presso la Pinacoteca Tosio Martinengo: David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land a cura di Denis Curti, che presenta un’opera inedita eseguita dal celebre artista americano per Brescia e ispirata alla produzione pauperistica del pittore ottocentesco Giacomo Ceruti.
A cura della Libera Accademia di Belle Arti LABA di Brescia – in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, Facoltà di Farmacia
Dal 1° aprile al 15 maggio 2023, al Museo Civico di Scienze Naturali: MELISSA. Forme di intelligenza vegetale a cura della Libera Accademia di Belle Arti LABA di Brescia – in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, Facoltà di Farmacia, che unisce arte e scienza, mostrando come le piante, le loro proprietà, e le loro capacità possano esercitare un’influenza sul nostro sistema nervoso centrale.
Vengono coinvolte anche alcune realtà della provincia bresciana.
Dal 6 maggio al 2 luglio 2023, a Provaglio d’iseo (BS): Franco Bettini – le forme del bianco a cura di Renato Corsini e Sara Cuccia, che celebra il fotografo Franco Bettini, approfondendo una delle tante tematiche che l’autore ha affrontato nei suoi percorsi creativi e che rende il suo archivio oggetto di continue scoperte.
Da giugno ad agosto 2023, a Marone: LORENZO ANTONIO PREDALI. Il mestiere del fotografo, mostra a cura del Comune in collaborazione con la Proloco, il Ma.Co.f – Centro della fotografia italiana e la Fondazione Brescia Musei, che rende omaggio a Lorenzo Antonio Predali (1886-1953), fotografo che ben rappresenta la storia della fotografia italiana a cavallo tra la prima e seconda parte del Novecento.
Dal 27 maggio al 14 ottobre 2023, a Concesio: Jamais plus la guerre. Immagini dalla visita di Paolo VI all’ONU, 4 ottobre 1965 a cura di Marisa Paderni, Elena Pala e Paolo Sacchini, che, a partire dal materiale fotografico conservato presso gli archivi dell’Istituto Paolo VI di Concesio, ricostruisce la visita di Papa Paolo VI all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York (4 ottobre 1965).
Nell’ambito dei progetti condivisi per la Capitale della Cultura 2023, Brescia e Bergamo hanno individuato nel territorio montano una caratteristica e un argomento d’indagine comune che abbraccia entrambe le province. Di conseguenza dal 23 maggio Luce della Montagna passerà idealmente il testimone al “progetto gemello” Vette di luce. Naoki Ishikawa sulle Alpi Orobie, mostra allestita fino al 3 settembre presso l’Accademia Carrara di Bergamo, a cura da Filippo Maggia e Maria Cristina Rodeschini, che affronterà il tema della montagna da un punto di vista pittorico, attraverso una selezione di dipinti di autori ottocenteschi del territorio, quali Ermenegildo Agazzi, Costantino Rosa, Vittore Grubicy, Camillo Galizzi.
Buon Foto Festival a tutti!