“Design: dove vai?”, questa la domanda, interessante e difficile, posta nella tavola rotonda conclusiva del Salone Satellite sulla didattica e di chi se ne occupa e la dirige. Delle numerose e prestigiose scuole di design presenti alla 24a edizione del SaloneSatellite – hub per i giovani talenti- ne sono state scelte cinque per scendere nell’arena del confronto. Prendendo spunto dal tema generale “Design Schools – Universities / BUILDING THE (IM)POSSIBLE Process, Progress, Practice”, gli istituti di formazione che hanno aderito, hanno provato a rispondere a questa domanda attraverso i lavori degli studenti, coinvolgendo anche neo laureati e docenti dei rispettivi corsi. I progetti fatti per questa importante manifestazione sono stati esposti negli stand dell’allestimento generale progettato da Ricardo Bello Dias.

I giovani progettisti venuti al Salone Satellite, fondato da Marva Griffin nel 1998, erano quest’anno 550 di 35 nazionalità diversa, dal Brasile alla Svezia, dalla Cina agli Stati Uniti. Sono venuti per presentare il proprio lavoro, chiamati ad affrontare la sfida di quest’anno: quella di progettare l’(im)possibile, e, erano presenti anche oltre 28 scuole e università internazionali a rappresentare le solide basi culturali per la formazione dei nuovi professionisti in questo ambito.
In un’epoca come questa, dopo l’interruzione pandemica, particolarmente segnata da grandi cambiamenti sociali, economici, climatici e soprattutto culturali, cambiamenti già comunque in atto dall’inizio del nuovo millennio, si cercano indicazioni preziose per le direzioni da prendere, per orientare studenti e designer emergenti, ma anche per le aziende e tutto il mondo della progettazione alla ricerca di futuri equilibri socio-economici ed ambientali.
Sta infatti cambiando profondamente il modo di vivere ed abitare, per nominare alcuni elementi alla ribalta, con la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale, il metaverso, i nuovi materiali, la grande domanda del riciclo e dello smaltimento. Al SaloneSatellite vediamo nuove estetiche, nuovi materiali, nuovi usi e nuovi cromatismi, e qui si vede l’impegno degli studenti ed i giovani designer nella ricerca di nuovi materiali da fonti riciclabili o frutto di riciclo spesso cercando soluzioni a problemi anche in territori lontani o vicini come nelle periferie delle città. E non è raro che gli studenti creino start-up.
Nello specifico si sono incontrati in una tavola rotonda per parlare di didattica e formazione e tirarne le conclusioni coronando il Salone Satellite, i rappresentanti di 5 delle 28 Scuole e Università di Design partecipanti.

Sono Alexis Georgacopoulos, Direttore della Scuola svizzera ECAL, Luisa Collina, Professoressa della Scuola di Design del Politecnico di Milano, Hongtao Zhou, D&I, Direttore della Tongji University in Cina, Joseph Grima, Direttore Creativo della Design Academy di Eindhoven nei Paesi Bassi, e Ignacio Urbina, Professore della School Of Design del Pratt Institute negli Stati Uniti. Annalisa Rosso a moderato l’evento.
I cinque partecipanti al dibattito pubblico sono stati selezionati cercando di ottenere una provenienza geografica globale, in modo da mantenere il discorso il più ampio possibile, e coinvolgendo le scuole e università con il più alto numero di studenti e designer che hanno esposto e partecipato al SaloneSatellite.
Se guardiamo a come hanno agito le scuole prescelte, il POLI.Design – Dipartimento di Design del Politecnico di Milano– ha allestito nel proprio spazio un sistema multimediale che, attraverso una lente colorata, un rudimentale apparecchio acustico ed i QrCode dei progetti degli studenti sulla pavimentazione dello stand, tentava di rispondere alla domanda “Design: Dove vai?”. Similmente la DAE, Design Academy Eindhoven, ha trasmesso dibattiti a cura degli studenti via una radio “live” sperimentale per l’intera durata del Salone del Mobile.Milano. Il College of Design and Innovation, Tongji University, ha usato l’alta tecnologia e gli algoritmi per creare oggetti di design con il progetto EndlessForm fondato dal docente Zhang Zhoujie. Invece, la ECAL/Ecole Cantonale d’art de Lausanne di Losanna, ha disseminato quattro progetti nella città. Infine, il Pratt institute di New York ha puntato sul valore di cinque keyword: “enable”, “empower”, “connect”, “humanize” e “sustain” che interpretano altrettanti aspetti da tenere in considerazione nel progettare.
Gli esperti delle scuole internazionali si sono espressi sulla loro offerta didattica multidisciplinare; ogni realtà ha un dna particolare, un patrimonio genetico culturale locale “site-specific”, ma anche un’anima diversa: chi ce l’ha più ingegneristica, tecnologica, digitale, chi più artistica, fotografica, o cinematografica, chi più sperimentale e critica. Lasciamo agli studenti la scelta di orientamento in un offerta internazionale ricchissima. Ricordiamo anche i master per le professioni in settori come quello dell’illuminazione, e quindi i Lighting Designer: quest’anno il SaloneSatellite è stato ospitato nell’innovativo layout di Euroluce ed alla luce era ispirato.
Le discipline che arricchiscono il percorso formativo dei futuri professionisti sono molte ed in continua evoluzione, come del resto lo è il pensiero, il design thinking, che cambia nelle città che divengono smart city, nelle community spesso governate da algoritmi, negli oggetti creati dai processi digitali, fino al human-centered design thinking and lighting.
Nel dibattito, la comunicazione del proprio lavoro è stato uno dei punti a cui è stato dato maggior accento: gli studenti dopo aver appreso tutti gli skill di base, le conoscenze tecnologiche e la capacità di usare i tool più nuovi, devono saper comunicare i loro progetti. Altro fattore di cui si è parlato è la necessità di dare occasione ai giovani designer di poter trovare il proprio percorso d’elezione, spesso imparando da peer to peer, lasciando che gli studenti prendano da soli la propria direzione lavorativa.