Luce artificiale come protagonista di una serie di fotografie di progetti di architettura di interni, firmati da grandi nomi dell’interior design, che accompagnano in un percorso popolato di figure, accenti, bagliori, ritmi, punti, vettori e talvolta “capricci” di luce in cui lo spazio viene modificato e trasformato con un gesto creativo da una lampada, o da un’altra fonte luminosa, che abita lo spazio stesso.
È questo il tema di “Interno notte. Artifici luminosi”, altra mostra da non perdere che verrà allestita a Euroluce, nel padiglione 15, a cura di Michele Calzavara, architetto e pubblicista che si occupa di progettazione, didattica, critica e curatela di diversi progetti, dal 2017 docente presso NABA, Nuova Accademia di Belle Arti e dal 2010 redattore di Inventario (XXIII Compasso d’Oro, 2014), e su progetto di Berfu Bengisu Goren, architetto e interior designer di origine turca che vive a lavora a Milano e che ha collaborato con diversi studi di architettura oltre a seguire progetti personali.
Le immagini esposte svelano artifici di luce che spaziano da piccoli “innesti” ad atti inventivi a piena scala architettonica, tra grandi maestri e giovani progettisti, tra icone storiche radicate nella memoria e immagini meno frequenti o dimenticate, per raccontare un piccolo inventario non esaustivo di poetiche, linguaggi e attitudini luminose, attraverso un’esposizione in cui la luce è vista soprattutto come veicolo d’informazione e di senso. I visitatori sono inviati a scoprire chiavi di lettura e categorie ordinate per famiglie di soluzioni progettuali, dettagli particolari e invenzioni come insiemi di grandi e piccoli casi esemplari.
D’altra parte, come afferma Michele Calzavara, “la caratteristica di una mostra di architettura è che questa non può mostrarsi in sé. È costretta a trovare dei sostituti e, parlando di luce, la fotografia è uno dei più adatti. Tuttavia, Interno Notte non è una mostra di fotografia in senso stretto, ma un piccolo viaggio nelle immagini che hanno punteggiato il progetto moderno e contemporaneo con interni dove le intuizioni luminose sorprendono, ci danno piacere e possono ancora oggi nutrirci di idee”.
La mostra si sviluppa in un percorso pensato per creare un’esperienza progressiva dello spazio e far vivere il racconto in un continuum stratificato, caratterizzato da scelte materiche insolite, con particolare attenzione alle loro proprietà cromatiche e luminose. L’architettura dello spazio è ibrida in quanto deve gestire due funzioni parallele che coesistono tra loro, ovvero lo spazio espositivo vero e proprio e uno spazio destinato a workshop e incontri professionali, dualità risolta da una planimetria di carattere geometrico, con volumi che creano una reciproca relazione e, allo stesso tempo, autonomia tra le parti, anche attraverso la compresenza di qualità percettive opposte tra loro come chiaro e scuro, aperto e chiuso, pubblico e privato
“Pensare a un allestimento, in un certo senso, è come progettare un apparecchio di illuminazione – spiega Berfu Bengisu Goren – il suo scopo principale è “fare luce”, quindi rendere concreta la sua essenza intangibile. Che si può anche distribuire, sfaccettare, filtrare, trasmettere e trasformare allo stesso tempo. La luce, in questo caso, è anche il soggetto della mostra. Una luce per immagini la cui rappresentazione richiede di volta in volta accorgimenti diversi per essere evocata”.
Le fotografie sono esposte con diversi formati e su differenti supporti, raggruppate in cluster visivi che sviluppano un orizzonte comune, filo conduttore del racconto. Le composizioni visive, come una sorta di “istruzioni intangibili”, sottolineano le relazione tra i casi studio che compongono le “categorie” del racconto stesso, evidenziate con differenti soluzioni espositive, quali lunghe sequenze a parete, piani orizzontali, soluzioni luminose, dando vita a un percorso “elastico” e con diverse densità di fruizione.
Il percorso si conclude nello spazio destinato ai workshop e agli incontri con gli esperti del settore, aperto, polivalente e allo stesso tempo intimo.