PALAZZO REALE – MILANO, FINO AL 25 GIUGNO
Milano per la prima volta presenta la mostra antologica del maestro indiscusso della videoarte Bill Viola (New York, 1951) promossa dal Comune di Milano-Cultura, prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia con la collaborazione del Bill Viola Studio.
Kira Perov, curatrice della mostra, moglie, manager dell’artista di origini italo-americane e direttrice esecutivo del Bill Viola Studio, con la collaborazione di Valentino Catricalà per il catalogo pubblicato da Skira, ha selezionato per questa esposizione 15 opere già note al grande pubblico che rappresentano un omaggio alla pittura del passato capace di rinnovarsi con videoinstallazioni che aprono una riflessione sul valore performativo del corpo nell’arte contemporanea.
La mostra mette a dura prova la nostra incapacità di osservazione perché ciascuna videoinstallazione richiede da un minimo di 10 a un massimo di 30 minuti di fruizione. Tempi lenti, necessari per immergerci in un viaggio interiore meditativo-emozionale da vivere e non da raccontare.
Le opere di Viola ci sottopongono a meditazioni visive e concettuali, riflessioni sulla la morte, rinascita e ricerca di elevazione spirituale. Le sue videoinstallazioni tendenti al filosofico-mistico sono una consolazione per l’anima nel nostro tempo – scandito da carneficine belliche – che rivoluzionano il nostro modo di fruire l’arte con ambienti meditativi poiché ci invitano a riflettere sul valore dell’esistenza. Nel nostro tempo dalla connessione veloce, nell’eccesso di esposizione mediatica, travolti dal flusso di immagini e informazioni, noi cittadini imbruttiti dal “mordi e fuggi”, fagocitati in un fastidioso presentismo, qui dobbiamo rallentare, stare fermi e in silenzio davanti a schermi di differenti dimensioni per guardare nei suoi “video-dipinti” un’umanità fragile, compresa tra la vita e morte, nella consapevolezza che su questa Terra siamo solo di passaggio.
L’estenuante lentezza degli slow motion estetizzanti dell’artista americano comincia nella prima sala espositiva con i cinque pannelli di Chaterine’s Room (2001) dove, in 18 minuti, cinque gesti della giornata di una donna ripresa nella sua stanza, da mattina a sera, riproducono una versione laica di un’Annunciazione immersa in una luce mistica che evoca Vermeer e le predelle del ‘400. A fianco inchioda lo sguardo The Greeting (1995), un incontro casuale di tre donne di età diversa, che inizialmente durava 45 secondi, poi esteso a 10 minuti, ispirata alla Visitazione di Pontormo.

Nelle videoinstallazioni allestite per lo più in trittici o in singoli schermi – magistralmente illuminate da Francesco Murano, light designer di fama internazionale di casa a Palazzo Reale – si assiste, sala dopo sala ad un crescendo emozionale con Emergence (2002) di sembianza quattrocentesca. L’opera, vista a Palazzo Strozzi a Firenze nel 2017, è dichiaratamente ispirata al Cristo in pietà di Masolino da Panicale del 1424 per la Chiesa di San Gallo Giovanni Battista a Empoli e, nella sua composizione, richiama anche la Morte di Marat di David, la Pietà Rondanini di Michelangelo e il cromatismo brillante di Raffaello. Qui Bill Viola svela il suo amore per la grande pittura e scultura del passato, soprattutto medioevale e rinascimentale, scoperta a Firenze dove nel ’74, fresco di laurea, è stato direttore (18 mesi) del laboratorio art/tapes /22.

I misteri della nascita e della morte, come i quattro elementi acqua, aria, terra e fuoco, diventano ricorrenti nei suoi video dal 1980 in poi, quando dopo un viaggio in Giappone studia il buddismo zen che, unito alla sua fascinazione per l’arte sacra occidentale, lo portano negli anni successivi a maturare una poetica intimista che esplora le nostre emozioni: dalla gioia, al dolore, all’accettazione del tempo che passa e il passaggio dalla morte alla resurrezione in cui l’acqua diventa elemento simbolico più efficace di tante parole.
Basta prendersi il tempo per guardare i due video di acqua e di fuoco Ocean Without a Shore, già esposti a Venezia nella Chiesa di San Gallo nel 2007 dove Viola ha dialogato con l’architettura e incastonando i video dipinti nelle pareti della chiesa sconsacrata, proprio come se fossero grandi pale d’altare.
L’effetto sconvolgente dell’acqua è ancora più immediato davanti a uno schermo largo quattro metri e alto due e mezzo dove ipnotizza l’attenzione The Raff (2004), un video di oltre 10 minuti e 33 secondi che mostra un multietnico gruppo di 19 persone, tra uomini e donne, forse in attesa a una fermata, dove c’è chi legge il giornale o parla con il vicino, quando, improvvisamente, tutti i personaggi vengono travolti da un violento gettito di acqua ad alta pressione che nel complesso non sconvolge la composizione dell’immagine, ma genera caos, disordine e spavento. Questa umanità fradicia e fragile, accasciata a terra dopo l’onda d’urto dell’inatteso “diluvio”, lentamente si rialza, incapace di arrendersi, e trova nelle braccia tese degli uni verso gli altri la forza per resistere alle avversità della vita.

Bill Viola dagli anni ‘60, pioniere della videoarte con Nam June Paik, ha adottato il video, e più precisamente l’elettronica, come strumento di esplorazione e di evoluzione della pittura per una costante esplorazione fenomenologica attraverso forme di percezione sensoriale quale viatico dell’autocoscienza. Nascita, crescita, morte e rinascita sono i principali temi della sua ricerca che affondano le radici nella spiritualità e buddismo zen, nel sufismo islamico e nel misticismo cristiano. Viola concepisce le sue videoinstallazioni come se fossero grandi affreschi rinascimentali, cercando di espandere gli orizzonti sia in termini tecnologici che di contenuto, e li inscena come ambienti globali – complice il buio e la luce del grande schermo che fagocita l’attenzione dello spettatore – anche a livello sonoro, per rendere al massimo le impressioni sensoriali che l’opera offre al nostro sguardo, proprio come avviene al cinema.
A noi, argonauti della velocità e naufraghi nelle cultura digitale, con questa mostra di Bill Viola che fa parte di Milano Art Week (11-16 aprile 2023) per miart – la manifestazione che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e private della città – si rimette al centro, a Palazzo Reale, la videoarte dopo le personali di Bob Wilson, Peter Greenaway, Shirin Neshat e Studio Azzurro; un linguaggio complesso ma immediato, che include ricerca e progettazione tecnologica ad alta risoluzione in cui la luce è protagonista per valorizzare la coesistenza di approcci analitici, riflessivi, contemplativi ed estetici mediate nuovi strumenti da interpretare come evoluzioni della pittura e scultura.