Chi fosse a Stoccolma e volesse avere un assaggio di ciò che avviene nel panorama dell’arte contemporanea vista attraverso un filtro curatoriale nordico, può – come ho fatto io in questi giorni – recarsi a Skeppsholmen, isoletta circondata dalle acque del mare nel pieno centro della capitale, attraversando uno dei numerosi ponti della città e visitare Moderna Museet, vedere le importanti mostre in programma e ammirare nel contempo la bella struttura architettonica che le ospita, e che negli ultimi anni, come gran parte del patrimonio culturale pubblico nazionale, è stata tutelata da un efficientamento energetico.
Moderna Museet (Museo statale di arte moderna e contemporanea svedese), dipende direttamente dal Ministero della Cultura svedese e la sua missione è quella di raccogliere, conservare, esporre e comunicare l’arte del XX e XXI secolo svedese e internazionale. E’ l’ente responsabile per quanto concerne la partecipazione svedese alle biennali d’arte internazionali, inclusa quella di Venezia. Il complesso museale progettato nel 1998 da Rafael Moneo (Premio Pritzker 1996) sorge su un terreno che declina verso riva, ed accorpa la vecchia armeria navale. E´composto da Moderna Museet, ArkDes (Museo d’architettura e design), lo spazio espositivo Pontus Hulténs Visningsmagasin progettato da Renzo Piano ed un ampio parco esterno di installazioni e sculture fatte da diversi autori tra cui Alexander Calder, Dan Graham, Niki de Saint Phalle, suo marito Jean Tinguely e Pablo Picasso.

Per rendere il museo il più possibile carbon free sono stati messi in atto interventi che riguardano soprattutto la riduzione dell’uso di energia del museo. Nell’edificio, che ha avuto vari problemi tra cui la formazione di muffe, l’illuminazione artificiale e la luce diurna proveniente dalle ampie vetrate e dagli enormi lucernari sono integrate nell’espressione architettonica, è stato necessario quindi preservare il design originale e creare le condizioni di efficienza energetica per ottenere anche una migliore qualità della luce sia per un’esposizione ottimale delle opere d’arte che per gli spazi architettonici, senza chiudere il museo per tutta la durata del progetto.
La transizione all’illuminazione a LED e l’installazione di un sistema di controllo digitale completo DALI/DMX, conclusa nel 2020, ha portato un risparmio di 800.000 chilowattora all’anno e grazie alla riduzione del consumo energetico ci sono minori emissioni di anidride carbonica, ossidi di azoto, anidride solforosa e particolato. L’accesso al Museo ed alle mostre avviene attraverso l’ingresso principale al piano superiore dell’edificio: non rimane che pagare il biglietto d’ingresso e, come ormai spesso accade per le mostre di grande richiamo, mettersi di buon animo in coda.



In questa parte introduttiva dell’anno postpandemico nel nutrito calendario espositivo ci sono, oltre alla mostra dedicata a Hilma af Klint appena conclusa, le mostre in corso di Nan Goldin, Korakrit Arunanondchai e Sara Sejin Chang (Sara van der Heide) ed inoltre in primavera la grande mostra personale dedicata a Laurie Anderson. Tutte le temporary exhibition del momento sono focalizzate su tematiche minoritarie, attiviste e climatiche e spesso raccolgono istanze spirituali o sciamaniche. La vita di due delle artiste presenti nel programma museale sono state trasposte cinematograficamente l’anno scorso: si tratta di Nan Goldin in ”All The Beauty And The Bloodshed”, film che ha vinto il Leone d’oro a Venezia della regista Premio Oscar Laura Poitras, e di Hilma af Klint con ”Hilma” di Lasse Hallström, regista più volte nominato all’Oscar e famoso per i video degli ABBA.


Di seguito una brevissima sinossi delle mostre citate:
”De tio största” (I dieci maggiori) di Hilma af Klint (1862-1944), – qualcuno forse ricorderà i suoi quadri esposti nella Biennale di Venezia 2013 curata da Massimiliano Gioni – sono grandi quadri astratti sulla realtà invisibile nelle quattro stagioni della vita umana: infanzia, adolescenza, età adulta e vecchiaia. Gran parte delle sue opere per volontà della stessa artista svedese sono state esposte al pubblico solo molti anni dopo la sua morte. L’opera dell’artista andrà a Londra al Tate Modern in aprile, con Piet Mondrian (1872-1944) in una mostra congiunta intitolata “Hilma af Klint and Piet Mondrian: Forms of Life”, accomunati dalle influenze steineriane e teosofiche.
Per la mostra retrospettiva dell’artista statunitense Nan Goldin, intitolata “This will not end well” (Non finirá bene), è stata fatta la scelta di esporre per via filmica un’opera omnia, inserita in sei spazi appositamente progettati dall’architetto Hala Wardé. Nan Goldin, che ha documentato, a partire dagli anni ottanta, tutta una vita non dichiarata di dipendenze e libertà, ha fondato PAIN (prescription addiction intervention now), è una delle artiste ed attiviste più acclamate del nostro tempo: iconica la fotografia “The Hug” che ricorda “Il Bacio” di Hayez. Fino al 26/02/2023.
L’artista thailandese Korakrit Arunanondchai, nella mostra “From dying to living” (Dalla morte alla vita) si è invece chiesto cosa unisce le persone e cosa le divide. Il valore delle nostre relazioni più strette e il potere di riunirsi, per un rituale o per una resistenza, sono al centro del suo lavoro. Si conclude il 09/04/2023.
L’artista Sara Sejin Chang (Sara van der Heide), nata in Corea e cresciuta nei Paesi Bassi, descrive il suo lavoro “Four Months, Four Million Light Years” (Quattro mesi, quattro milioni di anni luce) come un viaggio di guarigione sciamanica – i quattro mesi si riferiscono a una legge che una volta richiedeva che un bambino avesse vissuto in un orfanotrofio coreano per almeno quattro mesi per poter essere adottato. L’opera racconta con tessuti, rotoli di carta ed una proiezione video in cui poesie, canti e visioni sciamaniche invocano il sostegno degli spiriti degli antenati, la storia delle relazioni storiche tra i Paesi Bassi e la Corea, e parallelamente le adozioni internazionali. La mostra è visitabile fino al 27/08/2023.
Infine, Laurie Anderson, musicista e regista vedova di Lou Reed, artista visiva e performativa, è una figura leggendaria; pioniera dell’arte d’avanguardia americana e della musica sperimentale, ha composto musiche per i film di Wim Wenders ed è stata nel 2003 la prima artista residente alla NASA dove ha portato The end of the Moon. Ha dichiarato il suo sostegno ai giovani per il clima e l’ecologia. La mostra, curata da Lena Essling è la più grande personale di Laurie Anderson in Europa con opere dagli anni Settanta a oggi, oltre a nuovissime produzioni site-specific: arte concettuale, performance, strumenti musicali innovativi, composizioni, produzioni teatrali, nonché arte attivista e politica. La mostra è aperta dal 01/04 fino al 03/09/2023.
Info: www.modernamuseet.se