Nella Cappella degli Scrovegni a Padova, dal 2021 Patrimonio UNESCO, in soli 15 minuti concessi al visitatore, lo sguardo si perde negli affreschi che occupano 900mq di superficie dipinta da Giotto tra il 1303 al 1305, in cui spiccano le note cromatiche di un blu sfavillante (ricavato dall’azzurrite, più economici dei lapislazzuli, come emerso dai restauri del 2000) degli sfondi e del cielo incastonato nella volta, su cui luccicano più di quattrocento stelle dorate, grazie all’impianto innovativo illuminotecnico definito dagli specialisti di “restauro percettivo”.
L’illuminazione della Cappella degli Scrovegni permette al visitatore di cogliere immediatamente l’incanto del cielo azzurro e in particolare la lettura delle tonalità “calde” ( giallo-arancio—rosso), esaltando le aureole dorate all’interno, a prescindere dalla luce naturale che accomuna molte scene dell’intero ciclo giottesco.
Di nuovo in questa illuminazione site-specific sul piano conservativo c’è la coerenza della concezione iconografica con l’impianto sofisticato, dallo zoccolo a finti marmi dove sono rappresentate su sfondi monocromi i Vizi e Virtù, fino alla volta con i tondi dedicati agli Evangelisti e i Dottori della Chiesa, in cui balzano agli occhi effetti narrativi, gesti, posture e le espressioni dei soggetti dipinti.
Un progetto, ricordiamolo, del 2017 di luci “intelligenti” che ridisegnano lo spazio della Cappella in maniera magistrale. Committente il Comune di Padova, e la supervisione della Commissione Scientifica Interdisciplinare per la Conservazione e Gestione della Cappella degli Scrovegni, in stretta collaborazione con la Sezione di Fotometria dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, (Nuova luce alla Cappella degli Scrovegni, Francesca Tagliabue, LUCE 322, 2018).
I benefici sono ravvisabili nel miglioramento della fruizione degli affreschi e un miglioramento immediato delle già ottimali condizioni conservative, con un azzeramento delle emissioni UV e IR per evitare il rischio di danneggiamento del ciclo pittorico. Così le figure hanno un volume ancora più reale che quelle di Assisi, grazie a sensori ideati per misurare le variazioni della luce, che adatta i livelli di emissione della luce naturale e garantisce una eccellente resa cromatica dei dettagli. A parte la straordinaria intuizione di un sistema dinamico di luce in grado di adattare la luce artificiale al modificarsi delle condizioni ambientali, superato un piacevole effetto di stordimento estetico nella Cappella degli Scrovegni si coglie il significato dell’intero ciclo giottesco: la salvezza in bilico tra solennità e sacralità. Un significato simbolico incluso nella luce, a cominciare dall’apparizione di Dio (sopra l’arco dell’abside) sino al Giudizio Universale (dalla parte opposta). Ogni episodio raffigurato nelle fasce è un’opera autoreferenziale per la qualità compositiva e il naturalismo proprio allo stile giottesco. Tra gli altri episodi spiccano, il primo bacio della storia dell’arte tra Gioacchino accolto affettuosamente da Anna, in cui si evince l’emozione dell’incontro anche nello sguardo e sorriso dei protagonisti, ed è così diverso dal bacio di Giuda a Cristo: il gesto di tradimento, di un dinamismo drammatico grazie a uno sfondo blu, frammentato dall’agitarsi nel cielo di picche, torce e lanterne.
Di Giotto sorprende una spontaneità narrativa non conforme alle deroghe iconografiche del tempo, in cui prevalgono i sentimenti, senza rinunciare al ritmo narrativo e sotto la luce balzano agli occhi i sentimenti dei personaggi che partecipano alle scene ritratte, come il dolore, lo stupore, la gioia, la disperazione, l’attesa e la spiritualità.
Lungo la parte sinistra della Cappella, Giotto utilizza maggiore spazio disponibile per inserire tra le scene larghe fasce decorative, con piccoli episodi biblici da interpretare come prefigurazione dei fatti evangelici. Sorprende il profeta inghiottito e dopo tre giorni uscito dal ventre del cetaceo di impressionate naturalismo dipinto tra le scene della Crocefissione e del Compianto morto, dove l’illuminazione permette di fruire il paesaggio non come sfondo, bensì elemento importante della composizione giottesca e soprattutto “incendia” le aureole dorate dei santi. Tra gli altri non si dimentica San Giovanni, con le braccia aperte in senso perpendicolare rispetto al piano d’immagine, che sembra “sfondare” lo spazio. Domina l’intera controfacciata il Giudizio Universale: beati e dannati, apostoli e schiere angeliche attorno a Cristo giudice sembrano una scenografia pronta per essere “arrotolata” dai due angeli in alto; il Regno dei cieli sta per prender posto.
Letture iconografiche a parte di un capolavoro d’incommensurabile bellezza, l’illuminazione permette una percezione quasi tridimensionale degli affreschi, e un modello di nuovo approccio di convergenza tra tecnologia e valorizzazione conservativa del nostro patrimonio artistico perché consente una fruizione non soltanto più emozionale, ma più veritiera anche sul piano formale e compositivo che permette la visione di ogni singolo dettaglio delle figure suddivise in fasce sulle pareti.
A naso in su, lo sguardo dello spettatore entra dentro, come in un film senza sonoro, nelle storie di Giaoacchino e di Anna e quelle della Vergine (in alto) e di Gesù Cristo (nelle due fasce sottostanti), per fermarsi sulle allegorie dipinte alla base delle pareti laterali, dove impressionano sette vizi e virtù che sembrano “scolpiti” dalla luce; tra gli altri spicca l’invidia quasi un bassorilievo inscritto in una luce marmorea e sempre contemporanea.