CHIARA DYNYS E LA SUA LUCE PER VILLA E COLLEZIONE PANZA


“Camini delle Fate”, Chiara Dynys. Parete totale. photo © Andrea Bonatti

Il FAI, Fondo Ambiente Italiano, ha inaugurato nei giorni scorsi la mostra Sudden Time di Chiara Dynys Sean Shanahan, che segna la ripresa delle attività e riapertura al pubblico della storica e splendida dimora d’arte Villa Panza, a Varese, sede della Collezione Panza, dopo molti mesi di chiusura per l’emergenza sanitaria.

Alla conferenza stampa di presentazione introdotta da Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del FAI, gli artisti Dynys Shanahan, i curatore della mostra Anna Bernardini e Giorgio Verzotti, il sindaco di Varese Davide Galimberti; Giuseppina Caccia Dominioni Panza, e in call la direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli. Una conferenza stampa che ricorderemo per molto tempo per gli affascinanti interventi di tutti gli ospiti. 

“Giuseppe's Door”, Chiara Dynys.
“Giuseppe’s Door”, Chiara Dynys. Scultura esterna di notte. Photo ©Michele Alberto Sereni

Il titolo della mostra Sudden Time prende ispirazione da una sinfonia scritta nel 1993 dal compositore inglese George Benjamin cui fanno eco i versi del poeta Wallace Stevens Era come un tempo improvviso in un mondo senza tempo”. Il tempo improvviso, nell’interpretazione dei due artisti, è l’illuminazione, la rivelazione che accompagna l’intuizione loro, come di ogni artista. 

Qui a Villa Panza abbiamo visto tutte le opere dei due artisti, ma abbiamo seguito con più attenzione, e ora ne scriviamo, le opere-installazioni di Chiara Dynys, artista di cui LUCE ha scritto in più occasione in anni lontani e più recenti. Nel 2015, la nuova sperimentale rubrica Light art sulla rivista, si apriva con due articoli: su di lei a cura di Jacqueline Ceresoli, e su Anthony McCall a seguito della sua mostra alla Sean Kelly di New York a cura della nostra corrispondente Matilde Alessandra

  • “Giuseppe's Door”, Chiara Dynys.
  • “Giuseppe's Door”, Chiara Dynys.

Chiara Dynys è nata a Mantova e lavora a Milano. Dall’inizio della sua attività, nei primi anni Novanta, ha agito su due percorsi principali, riconducibili entrambi a un unico atteggiamento nei confronti del reale: identificare nel mondo e nelle forme la presenza e il senso dell’anomalia, della variante, della “soglia”, che consente alla mente di passare dalla realtà umana a uno scenario quasi metafisico.

La mostra è un viaggio attraverso la luce. Vera luce. Luce come “luogo” dove tutto avviene e tutto può avvenire: più dello spazio, più del tempo è la sostanza prima senza la quale non c’è né spazio né tempo. Si “accende la luce” e tutto ha inizio, e benché la luce in sé non sia per nulla narrativa, “è l’elemento che consente ogni tipo di narrazione, anche quella su sé stessa”. È questa la premessa della grande artista mantovana parlando del nuovo progetto “Sudden Time” per Villa e Collezione Panza. 

Chiara Dynys
“Ritratto” di Chiara Dynys. Photo ©Marco Rodigari

Nei suoi lavori Chiara Dynys predilige l’utilizzo dei più svariati materiali apparentemente eclettici che vanno dalla luce al vetro, specchi, metacrilato, ceramica, tessuti, e video e fotografia, che sono modulati sempre attraverso la luce e il colore: secondo Giuseppe Panza di Biumo (2003) “Chiara Dynys è un artista della luce. Ha scelto di lavorare con l’impalpabile sostanza che è pura energia, ma che non è solo energia, diventa qualcosa che ci scalda, ci fa vedere il mondo” e le sue opere, da quelle di piccole dimensioni a quelle monumentali, “trasportano il visitatore in una dimensione immateriale fatta di pura sostanza.” L’artista in conferenza stampa, lievemente commossa, ha voluto ricordare quello che molti anni e molti anni fa, il grande collezionista le disse dopo aver visto in una mostra con la moglie Giuseppina Caccia Dominioni, una sua opera di luce: “La luce è la prima e vera materia di tutte le cose”. Forse quel giorno, per Chiara Dynys, iniziò un percorso che era già pur vivo in lei sul piano della ricerca e che poi forse determinò il suo cammino d’artista, la sua sperimentazione, in cui la luce (ma anche colori, suoni e ombre) diventa l’elemento linguistico fondante oltre che un potente generatore di significati, in particolare nel suo rapporto con lo spazio, dove lo spettatore diventa protagonista.

Un tema, quello degli spazi-luce, che ritroviamo in questa mostra attraverso tre grandi lavori site specific
Camini delle Fate, all’interno della scuderia piccola, composta da 34 vetri in casting di colori e proporzioni differenti con centro in foglia oro che segna l’ipotetica apertura “luminosa” di ogni forma prospettica. Queste forme sono inserite in una grande struttura nera opaca lunga dieci metri ed alta più di tre, e ciascuna di essa è illuminata e illuminante con una diversa rifrangenza di luce e di colore sull’ambiente.

Qui l’artista cita le abitazioni di eremiti e anacoreti risalenti all’XI secolo scavate nella roccia della Cappadocia e sottopone così il fruitore all’archetipicità del passaggio, del “transito” inteso persino come morte e resurrezione, realizzato da una costellazione di finestre misteriose che lo suggeriscono e lo guidano. Lo spettatore “entra” così nell’opera, sperimentando in prima persona il potere del colore e della luce. 

  • Melancholia
  • Melancholia

Sulle tre pareti della seconda rimessa viene invece proiettata la grande installazione Melancholia (2020-2021), definita dall’immagine di un cerchio luminoso che cambia lentamente colore e a cui si sovrappone un cerchio opaco nero, come se assistessimo ad un’eclisse lunare. L’occhio dell’osservatore coglie così il potere trasfigurante del rapporto dinamico fra luce e buio, che sembra smaterializzare i volumi e interagire con la percezione degli spazi. Una riflessione sulla necessità umana di connettersi e “ri-conoscere” un ambiente, un luogo, piuttosto che confrontarsi con l’astrazione formale della geometria pura, riflesso dell’idea. 

All’interno della seconda rimessa delle carrozze, Giuseppe’s Door no.1 è una porta opalescente che si smaterializza e appare sospesa pur essendo una scultura in vetro in un pezzo unico alta 60 cm e larga 48: l’opera è illuminata da luci di colore variabile che sembrano scaturire dal suo interno, e la materia trasparente rende volutamente difficile la percezione esatta della forma. L’opera assorbe la cromia della luce attorno e ne segue il ciclo. I colori del bianco, violetto, arancione e rosso si posano sulla scultura, seguendo l’andamento della proiezione della terza stanza, la rimessa delle carrozze.

Nel grande parco della Villa, attivando un fecondo dialogo tra arte e natura, Dynys propone l’opera Giuseppe’s Door (2020-2021)elaborazione monumentale (310x260x70 cm) della scultura già presente all’interno dedicata al Conte Panza, realizzata in accio corten e vetro di Murano fotosensibile. Lo speciale materiale cangiante si “carica” di luce e la rilascia nel buio come una “fluorescenza fantasmatica”, dice l’artista. Un invito ad oltrepassare la “soglia” della realtà contingente, per ri-trovare emozioni e vissuti della propria storia personale. Andare oltre la luce per rivederla nella sua bellezza metafisica e spirituale.  Una affascinante mostra omaggio a Giuseppe Panza di Biumo, fra i più importanti collezionisti internazionali d’arte contemporanea della seconda metà del Novecento. Da vedere.

CHIARA DYNYS e SEAN SHANAHAN PER VILLA PANZA 
Dal 19 maggio al 5 settembre 2021
Villa e Collezione Panza - Piazza Litta 1, Varese 
Orari di apertura: Tutti i giorni - esclusi i lunedì non festivi - dalle ore 10.00 alle 18.00 
Solo su prenotazione
Per prenotazioni: www.villapanza.it