L’emergenza Covid19 ferma la crescita dell’Internet of Things, che negli ultimi anni era stata molto rapida (+24% nel 2019, +35% nel 2018), ma il mercato italiano regge l’urto segnando soltanto una flessione del 3%, in linea con l’andamento registrato nei principali paesi occidentali (che oscilla fra il -5% e il +8%), e attestandosi su un valore di 6 miliardi di euro. Smart City: nel 2020 è rilevante per l’89% dei comuni, per il 47% ancora più prioritaria con la pandemia. Il 59% ha avviato progetti negli ultimi tre anni, ma il 46% di questi è ancora in fase pilota.
La spesa si divide equamente fra le applicazioni che sfruttano la “tradizionale” connettività cellulare (3 miliardi, -6%) e quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (3 miliardi, stabili rispetto al 2019). Sono 93 milioni le connessioni IoT attive in Italia, di cui 34 milioni di connessioni cellulari (+10%) e 59 milioni abilitate da altre tecnologie (+15%).
Il primo segmento del mercato IoT è costituito dallo Smart Metering & Smart Asset Management nelle Utility, con un valore di 1,5 miliardi (-13%) che rappresenta il 25% del totale, spinto ancora dagli obblighi normativi. Nel 2020 sono stati installati 4,8 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 50% del totale dei contatori elettrici. Seguono la Smart Car, con 1,18 miliardi di euro (-2%), pari al 20% del mercato, e 17,3 milioni di veicoli connessi (il 45% del parco circolante in Italia), e lo Smart Building, 685 milioni di euro (+2%), legato prevalentemente alla videosorveglianza e alla gestione dei consumi energetici all’interno dell’edificio.
La Smart City
Nel 2020 l’89% dei comuni italiani con più di 15mila abitanti considera la Smart City un tema rilevante (+9%) e per il 47% l’emergenza lo ha reso ancora più prioritario. La situazione sanitaria ha stimolato l’avvio di nuovi progetti che non erano stati pianificati in precedenza (16%); dall’altro lato, però, ha generato incertezza nelle decisioni da prendere (37%), con il 4% dei comuni che ha rallentato i progetti già programmati.
Il 59% dei comuni ha attivato almeno un’iniziativa di Smart City nel triennio 2018-2020, contro il 42% del periodo 2017-2019, ma il 46% dei progetti analizzati è ancora in fase pilota (+15%). Più di un comune su due ha avviato programmi stabili estesi all’intera area urbana, coinvolgendo anche altre municipalità e attori terzi (54%, +8%), ma l’effettiva realizzazione di un ecosistema integrato che conduca più iniziative smart in parallelo è ancora lontana: solo l’11% di questi progetti è dettato dal coordinamento con un gruppo esteso di municipalità, mentre il 35% è realizzato dal singolo comune.
La principale barriera all’avvio di progetti di Smart City è ancora la mancanza di competenze (+7% sul 2019), seguita dalle scarse risorse finanziarie (+8%), che si riflette nella capacità di usare i dati: il 65% dei comuni ha iniziato a raccoglierli, ma condividendoli solo nel 14% dei casi con altre società pubbliche o private, mentre un terzo non li usa e il 29% non ha intenzione di farlo nemmeno in futuro.
Gli altri ostacoli da superare sono legati alla burocrazia (30%, -8%), alle resistenze interne (16%) e alla difficoltà di coordinamento fra comuni e altri attori (16%). Il 35% dei comuni collabora con le aziende municipalizzate ai progetti di Smart City, il 26% con università e centri di ricerca. In prospettiva, i comuni guardano soprattutto ad altre municipalità limitrofe (40%), a startup innovative (32%) e a fornitori di servizi (28%).
“Per trasformare le città italiane in Smart City è necessaria una più stretta collaborazione fra pubblico e privato – commenta il direttore dell’Osservatorio Internet of Things Giulio Salvadori –, e la creazione di un ecosistema con più attori pronti a scambiarsi dati, asset e competenze è una delle principali leve da sfruttare in futuro”.
L’Industrial IoT
Prosegue la crescita dell’Industrial IoT e si riduce il divario fra grandi aziende e PMI in termini di consapevolezza e propensione a innovare in ottica 4.0.
Come emerge da un sondaggio condotto dall’Osservatorio su un campione di 102 grandi aziende e 295 PMI italiane, il 94% delle grandi aziende conosce le soluzioni IoT per l’industria 4.0 e il 68% ha avviato almeno un progetto, mentre fra le PMI solo il 41% ne ha sentito parlare e appena il 29% ha attivato iniziative.
Tuttavia, nel 2020 il gap è diminuito del 5% in termini di conoscenza e del 6% per quanto riguarda la presenza di progetti. Le applicazioni più diffuse sono legate alla gestione della fabbrica (Smart Factory, 66% dei casi), soprattutto per il controllo in tempo reale della produzione e dei consumi energetici, poi quelle di supporto alla logistica (Smart Logistics 27%), la tracciabilità dei beni nel magazzino o lungo la filiera e lo Smart Lifecycle (7%), con progetti per migliorare lo sviluppo di nuovi modelli e l’aggiornamento dei prodotti.
L’emergenza ha portato le imprese a rivedere le proprie priorità in termini di avvio di progetti e di investimenti. Nel 2020 solo il 15% delle PMI e il 12% delle grandi aziende ritiene prioritario attivare iniziative di I-IoT, contro rispettivamente il 25% e il 16% che le mettono in secondo piano. Il 22% delle grandi imprese ha aumentato il budget dedicato ai progetti IoT per l’Industria 4.0 (il 14% lo ha ridotto), contro solo l’11% delle PMI (il 12% lo ha diminuito), mentre un quarto delle grandi imprese e un terzo delle PMI rimandano la decisione ai prossimi mesi.
Al prossimo appuntamento dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.