L’improvvisa scomparsa nella notte tra il 1 e il 2 settembre del saggista carismatico, storico e critico d’arte Philippe Daverio, di cultura liberale, come i primi freddi d’autunno, provoca un brivido a ciel sereno nell’animo di un vasto pubblico. Lascia un vuoto incolmabile quell’intellettuale eclettico e anticonformista dallo sguardo aperto e curioso sul mondo, consapevolmente sornione, capace di non prendersi mai sul serio, come pochi intellettuali accademici sanno fare. Ci mancherà.
In tanti lo ricorderemo per la sua inconfondibile verve, ironia, cultura e passione nell’arte della parola, un tenace europeista nato a Mulhouse (1949) da padre italiano e madre alsaziana, quarto di sei figli, dall’educazione e abbigliamento dandy ottocentesco, inconfondibile per i sui modi affabili, e i farfallini multicolore, gli occhiali rotondi e il sigaro, ha rivoluzionato l’approccio alla lettura della storia dell’arte mescolando arte antica, moderna e contemporanea, conoscenza, intuito, provocazione al rigore storico. Sapeva intrecciare associazioni e intuizioni tra letteratura, musica, arte, storia, architettura e design con profondissima leggerezza e con la passione per fatti inediti che smuovono la fantasia dell’ascoltatore.
Ha conquistato curiosi di tutte le età, la sua abilità oratoria di raccontare storie minime, dettagli e micromondi dell’evoluzione della civiltà moderna con un linguaggio semplice ma non banale, e per farlo bene bisogna avere una competenza dell’erudito studioso appassionato. Camminando tra mostre, interni di piccoli musei, borghi antichi o negli atelier degli artisti, Daverio dallo sguardo arguto e bonario con la trasmissione Passepartout, un programma culturale e artistica da lui ideato e condotto dal 2000 al 2011, su Rai 3, Il Capitale (2012), e successivamente con Emporio Daverio, per Rai 5, ha conquistato un vasto pubblico che ha riconosciuto il narratore raffinato di dettagli inediti come fatti che testimoniano la progettazione della Bellezza di artisti, architetti, artigiani e designer che rappresentano la nostra civiltà.
Non era laureato Daverio, come molti benestanti, intellettuali anticonformisti della sua generazione che hanno vissuto le agitazioni del 68, pur avendo sostenuto tutti gli esami di economia alla Bocconi di Milano, non ha scritto la tesi, per seguire la sua passione per l’arte, improvvisandosi mercante e curatore di mostre, un mestiere non ancora di moda all’epoca. Come il mercante d’arte Paul Durand Ruel (1831-1922), che ha esportato a New York gli impressionisti francesi, Daverio, viaggiatore per necessità di conoscenza mai turista, ha trasformato l’arte in una impresa di conoscenza, prima apre una galleria a Milano in via Montenapoleone 6 (1975), a New York (1986) e nell’89 un’altra a Milano di arte contemporanea in corso Italia.
L’eccentrico amateur di opere, oggetti, luoghi e aneddoti curiosi, Daverio debutta in ambito pubblico a Milano nel ruolo di assessore alla Cultura tra il 1993 e il 1997, puntando sulla rinascita di Milano, attraverso mostre ed eventi coraggiosi per l’epoca e, tra le altre cose, della ricostruzione del Padiglione d’Arte Contemporanea, distrutto da una bomba nel luglio del 1993, della ristrutturazione di Palazzo Reale e del Teatro alla Scala.
Dal 1999 e docente di Storia del design al Politenico di Milano, nel 2016 è docente ordinario di Disegno Industriale per “chiara fama” all’Università degli studi di Palermo.
La sua visionarietà, coraggio e curiosità, conquista tutti, perché Daverio ha vissuto la cultura come un impegno etico, quindi politico, narra la cultura in maniera popolare mettendo il suo ampio bagaglio culturale al servizio della divulgazione di conoscenza, unico nell’arte del saper raccontare l’arte di tutti tempi.
Fortunatamente Daverio ci lascia in eredità una vasta produzione libraria, il nuovo libro, pubblicato per Solferino, Racconto per l’Arte occidentale dai Greci alla Pop Art, è un successo editoriale. Tra le altre pubblicazioni, il Museo immaginario, del 2012, un best seller da anni e un testamento ideale che rispecchia un suo piccolo ideale museo. Membro del Comitato scientifico di Brera e impegnato nell’Associazione Amici di Brera nel sostegno della Pinacoteca, dove, nella Camera ardente in suo onore, è stato possibile rendergli omaggio. Uomo coltissimo, Philippe Daverio, che ci ha insegnato a guardare per godere del piacere della cultura.
Gli Amici di LUCE, l’editore AIDI, la redazione, il direttore Silvano Oldani e la storica e critica d’arte Jacqueline Ceresoli, profondamente commossi come tanti e tanti amici di Philippe Daverio, sono vicini a Elena Gregorio con enorme affetto. Milano sarà un po diversa senza di te. Ciao Philippe