DIFFICOLTÀ DI QUESTO TEMPO BRUTTO: IL RAPPORTO DI ASSIL


Massimo Uberti, Spazio amato, 2012 Installazione per l'inaugurazione della Casa degli Artisti, MuTA, Ravenna Photo © G. Maria Soglia, courtesy Massimo Uberti

“Non si mette in salvaguardia la salute delle persone chiudendo le imprese”.
Sono le parole del designato presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che rappresentano un appello a nome delle imprese italiane. Come recentemente ho scritto, e certo non da oggi, imprese che sono un fattore di importanza strategica nel complesso sistema produttivo italiano, punto di forza del paese – soprattutto quelle medie e piccole, per alcuni studiosi di economia un fattore anomalo! –, non solo ambasciatrici della nostra cultura e creatività manifatturiera, ma oggi tra i pochi mattoni che possono concorrere alla rinascita economica del nostro paese e soprattutto, non temiamo di dirlo, alla sua sopravvivenza sociale e democratica.

In questo scenario da dopoguerra, ma anche di II fase, dunque di lieve, necessario positivo sguardo sul futuro che è già domani, molti sono gli allarmi che leggiamo sulla stampa o da dichiarazioni di persone che sanno ancora per fortuna misurare o pesare le parole con concretezza e lealtà intellettuale. Altrettanto le analisi o i report di associazioni o federazioni imprenditoriali o sindacali sulla situazione industriale del nostro paese. Come quella di ASSIL, di cui vi informiamo.

Da un suo documento redatto e comunicato in questi giorni, emerge un quadro molto pesante per uno dei settori strategici del nostro made in Italy, quello dell’illuminazione.
L’indagine recentissima è stata condotta per valutare le ripercussioni che la drammatica emergenza sanitaria sta avendo sulle imprese associate, che, con un fatturato complessivo di oltre 2,8 miliardi di euro, rappresentano oltre il 65% del mercato italiano dell’illuminazione e oltre 8.700 addetti.
Solo il 12,8% delle aziende sono totalmente operative, anche a livello produttivo, mentre il 15,4% sono completamente chiuse. In quelle parzialmente aperte, il 71,8%, le attività riguardano le spedizioni, il ricevimento merci, la progettazione e il comparto Ricerca&Sviluppo. La capacità produttiva è più che dimezzata per il 60,9% delle aziende, con conseguente impatto sul fatturato e sull’impiego del personale. Il 46,2% delle aziende prevede un calo del fatturato compreso tra il 30 e 50% nel primo semestre, e il 51,5% su valore annuo di oltre il 30%, che annulla i segnali positivi registrati all’inizio dell’anno.

Massimo Uberti, Linee di costruzione, 2018
Parco d’Arte Quarelli, Roccaverano, Asti
Photo courtesy Massimo Uberti

Infatti, prima dei drammatici eventi che stanno sconvolgendo l’economia italiana, europea e mondiale, le previsioni sul 2020 della ricerca Corriere della Sera Economia e Centro Studi di ItalyPost, di cui abbiamo scritto in occasione dei premi impresa Champion 2020, erano ancora largamente positive, con una percentuale per le imprese piccole e medie di tutti i comparti, da 20 a 500 mld di fatturato, del 59% che prevedeva di crescere ulteriormente, un 24% che prevedeva una situazione stazionaria e soltanto il 9% che stimava una contrazione di ordini e fatturato.
Dati invece, quelli di oggi di ASSIL, che presentano una situazione profondamente differente, drammaticamente in linea con altri settori manifatturieri, e così allarmanti che senza veloci interventi possono mettere in grave difficoltà e assestare un duro colpo a uno dei settori trainanti del Made in Italy: dalla ripresa della produzione a quelli finanziari, a quelli eterni burocratici.

Tutti infatti ci ricordiamo dei 19 moduli-documenti per richiedere un finanziamento, altrettanto le parole di Carlo Bonomi sui soldi usati per Alitalia, “con cui si potevano comprare, pre-crisi, 5 compagnie aeree”, elencando uno dopo l’altro i loro brand. E qui vale il tempo di evidenziare un’altra dichiarazione allarmante del prossimo presidente di Confindustria, quando ieri, da Lucia Annunziata in RAI, ha detto che percepisce nel paese un “sentimento fortemente anti-industriale… questo voler contrapporre salute e lavoro non è mai stato nelle nostre corde… credo che bisogna avere tutti l’onestà intellettuale e la correttezza di affrontare questo tema con la voglia di stare uniti e coesi, con la voglia di guardare al futuro e non con lo specchietto retrovisore”. Specchietto da sempre molto in uso nel nostro paese, come se i ritmi, i tempi, le forme e le procedure della produzione italiana fossero ancora fermi alle immagini dolorose del film Tempi moderni del grandissimo Charlie Chaplin, che raccontava, o meglio spiegava, in modo struggente un’Europa sprofondata nella crisi economica, e conseguentemente sociale e politica, del 1929-1939. Sempre si può e si deve fare di più, ma per la maggior parte degli imprenditori – i cretini o i farabutti ci sono in ogni professione – i dipendenti sono sempre più collaboratori e persone preziose, non numeri o macchine.

ASSIL nel suo rapporto evidenzia le maggiori criticità delle sue imprese, che riguardano il rallentamento della domanda di beni e servizi, la difficoltà nel reperimento delle materie prime, problemi nei pagamenti da parte dei clienti e mancanza di liquidità per garantire il corretto funzionamento dell’azienda. Permangono ancora difficoltà nel reperimento dei dispositivi di protezione individuale (DPI), in parole semplici le mascherine, elemento indispensabile per consentire l’attività lavorativa in sicurezza. 
Confermato il trend di incremento di modalità di lavoro agile o telelavoro delle aziende, solo il 5,1% non ha attivato queste modalità. Si sottolinea però che le attività sono prevalentemente nella produzione di beni, per cui tale positivo trend da solo non è sufficiente a migliorare la pesante situazione attuale. Altri dati preoccupanti che fotografano una situazione che richiede a tutti meno slogan e più concretezza sono: il 74,4% delle aziende ha dovuto accedere ad ammortizzatori sociali, il 49% segnala di essersi attivata per aderire alle misure di sostegno promosse dal governo e il 5,1% prevede di non riuscire a superare questa crisi e di dover chiudere la propria attività.

Massimo Uberti, Fulgida, 2019
Installazione per Cidneon, Castello di Brescia
Photo © P. Lazzarini, courtesy Massimo Uberti

Le aziende ASSIL chiedono che il settore illuminazione sia ricompreso fra le attività industriali essenziali e, di conseguenza, la riapertura, avendo da tempo già predisposto tutte le misure per ripristinare in piena sicurezza l’attività produttiva e garantire la salvaguardia dei propri collaboratori. Altresì chiede di rendere reali tutte le misure possibili a sostegno alle imprese e al mercato, al fine di scongiurare la possibilità di quello che con amarezza abbiamo prima descritto come – p.e. defiscalizzazione degli oneri, incentivi e bonus premio per aziende che non attuano licenziamenti, sostegno agli investimenti pubblici e privati.
Il presidente di ASSIL, Massimiliano Guzzini, evidenzia in questo report il ruolo dell’industria dell’illuminazione tra le eccellenze della produzione italiana, e chiede una rapida ripresa delle attività produttive e un maggiore sostegno per scongiurare la possibile chiusura di numerose attività, che rappresentano un indotto complessivo di oltre 4 miliardi di euro, dunque un asset fondamentale per il sistema Italia. Un comparto che è una leva strategica della produzione italiana, o Made in Italy, caratterizzato da decenni e decenni dalla sua forte vocazione internazionale.

A livello europeo, con LightingEurope (l’associazione che rappresenta nell’UE i produttori e le associazioni nazionali del settore illuminazione), ASSIL ha già avviato azioni nei confronti della Commissione Europea sulle priorità di investimenti e regole nei prossimi cinque anni, per contribuire alla ripresa di tutta l’economia europea, al fine che esca da questa drammatica crisi rafforzata con maggior competitività del mondo produttivo, sia all’interno dell’UE che a livello globale. Per un’Europa più forte e con imprese e cittadini che non sognano la Città ideale, ma che cercano invece assieme, giorno dopo giorno, con volontà e passione, impegno e reciproca fiducia e fatica, di disegnare e realizzare un futuro in cui la speranza non si trasformi in farsa indegna o in tragedia. Mario Draghi, nel suo editoriale sul Financial Times, aveva scritto: “Debiti pubblici più alti diventeranno una caratteristica delle nostre economie. La questione chiave non è se, ma come lo Stato utilizzerà il suo bilancio”.