A Casa dello Zecchiere, un gioiello di architettura di per sé immerso nel distretto delle 5 Vie e a pochi passi dalla Pinacoteca Ambrosiana, nell’ambito della Milano Design Week è stata presenta la mostra sulle potenzialità costruttive e le alterazioni percettive della Light Art. Dal titolo Materialità Impalpabile, la mostra a cura di Isa Helena Tiburicio ha compreso diverse opere di Nino Alfieri, Carlo Bernardini, Massimo Hachen, Ramilson Noronha e Pietro Pirelli, lasciando lo spettatore in bilico tra solidità e liquidità, fluttuante in ambienti multisensoriali.
I cinque autori, diversi per formazione ed esperienze professionali, hanno dato corpo a concetti di immaterialità attraverso non soltanto la luce, ma anche vibrazioni, suoni, modulazioni di intensità cromatiche, acqua, riflessioni, specchi concavi e convessi, laser, fibre ottiche, luce nera, immagini video satellitari e, paradossalmente, terracotta, legno combusto, materiali fotosensibili e marmi artificiali. Dall’attrazione di elementi differenti, ciascuna opera riflette attitudini di spiritualità, attraverso connessioni e relazioni inattese, da vedere e ascoltare, più che raccontare.
Ideata in relazione allo spazio ipogeo della Casa del Bollo, carico di suggestioni visionarie, l’esposizione trasforma lo spazio in una cripta in cui le opere misurano le potenzialità espressive della trasformazione percettiva del luogo, oltrepassando le barriere tra diverse poetiche, tecniche e linguaggi.
Pietro Pirelli, Idrofanie, 2018
Stampe fotografiche in light box realizzate con un Idrofono, scatti di Eugenio ManghiPietro Pirelli, Fontana Lux, 2019
Plexiglas, acqua, fili d’acciaio, dispositivo elettroacustico e LED
Il viatico verso l’inatteso inizia al piano terra, dove sono appese al muro tre Idrofanie (2018) di Pietro Pirelli (Roma, 1954), stampe fotografiche in light box realizzate con idrofono, strumento inventato dall’autore per far suonare l’acqua, e scatti di Eugenio Manghi, d’impatto ipnotico.
L’immersione nella fusione tra suono, scultura e architettura che si fa testo di nuove narrazioni e soluzioni formali che plasmano trasformazioni spazio-temporali impalpabili – che corrispondono alla ricerca artistica di Pirelli, musicista e performer poliedrico, figlio di Mariella Pirelli (1925-2009) – raggiunge il culmine nella prima sala interrata dell’edificio, con Fontana Lux (2019). Un’opera complessa che avrebbe affascinato Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, fatta di plexiglas, acqua, fili d’acciaio, dispositivo elettroacustico e Led, in cui il visitatore può toccare il suono, come lo si capisce visualizzando il moto ondoso in proiezione di luce che trasmette le vibrazioni del suono a un sottile strato d’acqua, in cui processo tecnologico e poetica dell’evanescenza inscenano atmosfere della percezione del divenire, dove flusso e tempo coincidono in maniera armonica.

Immagini video satellitari, polipropilene stampato, marmi artificiali
Si confronta con la “scultura sonora” di Pirelli, noto a livello internazionale per L’Arpa di Luce, realizzata con Gianpietro Grossi, l’installazione multimediale Landscape Marble (2019) di Ramilson Noronha (Ponte Nova, 1977): adagiata sul pavimento, è composta da immagini video stellari stampate su marmi artificiali generati da un mix di mappature di luoghi reali del globo terrestre, in cui lo spazio virtuale e globale si materializza in “lapidi-finestre” sull’immensità di Google, aprendo riflessioni sul concetto di territorialità e geografie liquide e solide del nostro tempo.
Nella seconda sala, lo sguardo punta a terra sul “cerchio magico” d’impatto esoterico Light Seed. Evanescenzapulsante dell’energia dei semi (2017), un’istallazione multimediale di Nino Alfieri (Milano, 1953) realizzata in collaborazione con il compositore musicale Corrado Saija. Ispirata alla forma di fossili, presenta elementi organici misteriosi realizzati in terracotta, terra cruda, legno combusto, gesso, materiali fotosensibili, elettronica per evanescenza luminosa UV con intensità ondulatoria e per l’amplificazione sonora, cornice tonda in legno e tela bianca. Questi semi “fotobiotici”, incandescenti, collocati a terra sembrano reperti astrali di chissà quale galassia; emettono luce, trasformando la percezione e la fusione tra diversi materiali in un’esperienza poetica totale, per superare il confine tra organico e artificiale, arte e scienza, emotività e ipertecnologia, in cui il disorientamento diventa l’opera.

Fibra ottica, acciaio inox
Nella stessa stanza, Carlo Bernardini (Viterbo, 1966) non smentisce la sua ricerca costruttiva di spazi poetici con opere ambientali che si relazionano con l’architettura preesistente, come si vede con Catalizzatore di Luce (2006), “disegnata” con fibre ottiche e superfice OLF (optical lighting film), alluminio e legno dipinto. Questa opera, insieme al perturbante Il Puntodell’Infinito (2019), incastonato nel vecchio pozzo della Casa dello Zecchiere , e La materia è il vuoto (20013), ribalta la percezione dello spazio, misurando prospettive di profondità altrimenti invisibili, in cui matematica ed estetica coincidono armonicamente.

Cartone vegetale, colori fluorescenti, LEDs UV
Chiude la panoramica sulle attitudini di dualità alla soglia tra visibilità e il suo contrario Massimo Hachen (Milano, 1952), architetto e autore del restauro conservativo di Casa dello Zecchiere, che da anni sperimenta pratiche artistiche e tecniche personali come il “sotto vetro”. Sedotto dalla Gestald, con cinque elementi di forma quadrata (2018-2019) in cartone vegetale, colori fluorescenti, Led e UV, declina in maniera personale le teorie classiche della percezione, puntando sulla fonoestesia, l’inversione visiva da destra a sinistra e viceversa. E quando il suono diventa forma e il colore crea intermittenze cromatiche fantasmagoriche, tutto è in movimento, incluso l’ascolto dello spazio.