LUCE, NEON E COLORE INDAGANO IL POTENZIALE DELLE IMMAGINI CHE CONTENGONO UN PUNTO DI VISTA SUL MONDO
Artista, architetto e regista nato a Santiago del Cile nel 1956, Alfredo Jaar vive e lavora a New York dagli anni ’80. Noto per opere politiche incentrate sull’etica, declina tematiche esistenziali nell’epoca della globalizzazione e tsunami di informazioni e immagini spazzatura Instagram, dove si perde con la propria identità anche il valore della vita e il rispetto degli altri.
A Milano, nel 2008, in occasione della sua mostra personale all’Hangar Bicocca dal titolo It Is Difficult, Jaar aveva tappezzato la città con grandi manifesti neri sui quali comparivano domande, scritte con lettere rosse, sul ruolo dell’arte, dell’intellettuale, del potere e della cultura; forse qualcuno se lo ricorda ancora oggi. Queste domande, tuttora aperte, sono di sconcertante attualità e rivelano l’essenza filosofica del suo lavoro. L’artista cresciuto nel Cile di Pinochet torna a Milano fino al 19 gennaio 2019 con una imperdibile mostra personale, Lament of the Images, ideata per la galleria di Lia Rumma, dove luce e colore (rosso, bianco e nero) invitato lo spettatore a mettere in discussione il valore della visione, dell’informazione e dell’esistenza con pochi elementi minimali, giocati in relazione allo spazio preesistente. Le sue opere, formalmente semplici, arrivano dirette come flash sulla retina, s’imprimono nel cervello e smuovono nell’animo emozioni, oltre che riflessioni.

Red Neon, 474x600cm
Courtesy Galleria Lia Rumma, Milan/Naples and the Artist
Varcata la porta d’ingresso della galleria milanese, nella sala oscurata al piano terra, si trova l’installazione site specific al neon rosso WHAT NEED IS THERE TO WEEP OVER PARTS OF LIFE? THE WHOLE OF IT CALLS FOR TEARS (Che bisogno c’è di piangere momenti della vita? La vita intera è degna di pianto), una citazione di Seneca tratta dal De Consolatione ad Marciam. Ipnotizzano le lettere scarlatte disposte a muro a caratteri cubitali, oblique come una pioggia di lacrime a cui allude il testo. Questo lavoro è un richiamo al progetto pubblico che Alfredo Jaar sta realizzando per l’ArtLine, il Parco di Sculture di City Life a cura di Roberto Pinto.
Al primo piano, dall’oscurità si passa alla luce con Lament of the Images, l’installazione cinetica che dà il titolo alla mostra, comprensiva di due grandi tavoli fotografici luminosi, utilizzati nei laboratori fotografici per guardare i negativi. Uno rovesciato sull’altro, entrambi hanno la superficie retro illuminata e bisogna attendere il movimento del tavolo superiore per cogliere tutte le gradazioni della luce, un orizzonte luminoso che evolve fino all’oscurità, un monito poetico a fare “tabula rasa” delle troppe immagini, informazioni e cose futili della quotidianità che ci distraggono dal senso della vita, preziosa in ogni istante.

Two aluminum tables, glass, perspex LED lights and motor, 419,1x249x122 cm
photo © Stephanie Carminati
Dalla meditazione filosofica inscenata in un algido tempio white cube, al secondo piano, con Shadows, la cronaca attraverso la fotografia documenta la realtà che nel tempo si fa storia. Questo lavoro fa parte della trilogia iniziata con The Sound of Silence, esposta nel 2008 all’Hangar Bicocca a Milano, in cui Jaar investiga il potere e la politica delle immagini iconiche. Un corridoio buio, tipo camera oscura, in cui spicca in sei piccoli lightbox, l’intensa sequenza di immagini scattate in Nicaragua nel 1978 dal fotoreporter olandese Koen Wessing che documentano la cronaca della morte di un contadino ucciso dalla Guardia Nazionale del regime di Somoza nei drammatici giorni della guerra civile, conduce a una stanza più grande, anch’essa oscurata. E qui, fermatevi. Compare l’immagine abbacinante di due donne, le figlie del contadino, nell’istante in cui sono state informate della barbara uccisione del padre. Queste donne, in un crescendo di pathos, annichilite dal dolore, come in un dipinto barocco caravaggesco, alzano le braccia al cielo. Un gesto che si cristallizza in una immagine di due sagome di luce che lentamente diventa accecante e si fissa sulla retina dello spettatore. E fate attenzione, perché la percezione di questa straziante espressione del dolore contenuta in un bagliore di luce di un milione di lumen della durata di 30 secondi è abbacinante, e lo sperimenterete sul campo. Si ripresenterà per almeno 30 minuti nel vostro sguardo, si imprimerà nel cervello e si spera nella memoria, quale manifesto-monito contro la mattanza di tutte le guerre.
Lament of the Images
18 ottobre 2018 – 19 gennaio 2019
Lia Rumma
via Stilicone 19, Milano
www.liarumma.it