Piazza Gae Aulenti, all’ombra della Cesar Pelli Tower, nel cuore di Porta Nuova a Milano, è un laboratorio di idee e di progettazione dello spazio urbano, vero e prorio freespace dove fa capolino l’UniCredit Pavilion. Inaugurato nel 2015 e firmato da Michele De Lucchi, è illuminato esternamente da una quantità minima di energia per una massima resa scenografica ed emozionale di notte. In questo scenario la luce disegna visioni surreali suggestive, con un progetto di illuminazione esterna che coinvolge l’architettura – simile a un seme, dal nucleo in cemento armato e scheletro in legno – e l’area circostante.
Il progetto del Lighting Designer Alexander Bellman, e dal suo team Gruppo C14, comprende quasi 3.000 corpi illuminanti per 30 differenti tipologie, 8.100 ore di calcolo, 786 metri di luce lineare, oltre 30.000 metri di cavo.

Si ispira alla visualizzazione concettuale di un’onda provocata dall’effetto di un sasso gettato nell’acqua, capace di deformare la superficie e la percezione dello spazio circostante. Nella piazza più instagrammata di Milano, la luce e le ombre deformano, sfumano i contorni e sembrano smuovere l’architettura curvilinea, smaterializzata da fasci puntuali dei lampioni, simili a steli eleganti e sottili, disegnati ad hoc. Il Pavilion, già affascina di giorno per la sua composta e organica bellezza in dialogo con l’antistante Biblioteca degli Alberi, ma di notte la sua potenzialità espressiva si manifesta in tutta la sua bellezza e incantamento; un luogo dove probabilmente gli extraterrestri sceglierebbero di atterrare.
Questo progetto site specific di illuminazione è il risultato di un team che ha puntato sulla valorizzazione dell’architettura simbolica del nuovo millennio dalle forme organiche, fluide, ed è interessante osservare come sia stato elaborato un linguaggio dello spazio pubblico, sociale e di cultura, attraverso la potenzialità espressiva emozionale della luce, invitandoci a ripensare i modi di vedere e di vivere i luoghi urbani, di giorno e di notte, e il ruolo dell’architettura nella coreografia della vita quotidiana.