What to see what not to see
Per Maurizio Nannucci (1939) la luce è sinonimo di percezione, comunicazione sulle modalità di “abitare” i luoghi del pensiero, attraverso cortocircuiti visivi e concettuali, con interventi testuali raffinati. Così è stato fatto a Milano nell’ambito di una mostra personale intitolata What to see what not to see, ospitata dal 4 maggio al 22 luglio alla nuova Galleria Fumagalli, dove cinque nuove grandi opere a muro, rigorosamente site-specific, diverse per colori e attitudini cognitive e visive, hanno dialogato con lo spazio. L’artista toscano lo si riconosce per installazioni al neon minimali; opere che compongono parole, frasi, segni, interrogativi e paradossi che ruotano intorno all’ambivalenza della percezione e al nostro modo di rapportarci con gli altri, con l’intenzione di modificare il nostro modo di pensare. La collaborazione tra Nannucci e la galleria Fumagalli – iniziata nel 2004 a Bergamo, con la partecipazione alla collettiva AA.VV. 30, seguita nel 2005 dalla personale Neon Words –riprende con questa mostra, imperdibile per contenuti e modalità di allestimento e di rappresentazione di domande aperte, di quelle che pensi ma a cui non sai rispondere in maniera categorica. L’artista concettuale, dopo la grande antologica tenuta a Roma nel 2015, conferma con questa mostra milanese la sua capacità di perimetrare lo spazio con il neon, che da oltre cent’anni apre le possibilità di investigazione di spazi altri, in bilico tra il visibile e l’invisibile, attuando una permutazione tra l’aspetto materiale e quello immateriale, il segno e il significato, la suggestione e l’immaginazione, intrecciando sul filo dell’ambivalenza una complicità sottesa tra l’aspetto analitico e quello creativo, illuminando ciò che non si vede.
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