La ricerca di Silvio Wolf (1952) intorno alle potenzialità espressive, cognitive, percettive e analitiche dell’arte non è una novità per i lettori di LUCE (n.295/2011, “Sulla soglia della percezione. Silvio Wolf al PAC di Milano”), ma l’autore in occasione di una mostra tenuta a settembre del 2016 alla Fondazione Antonio e Carmela Caldera a Vacciago di Ameno (Novara), per la prima volta si è confrontato a distanza con la pittura aniconica di Antonio Calderara.
Nel titolo dell’esposizione a cura di Cristina Casero c’è una chiave di lettura dell’incontro fatale tra la pittura di Calderara e le fotografie astratte generate dalla luce di Wolf, entrambi sono attratti dall’dea di rappresentare una soglia, il punto d’origine in cui l’invisibile, l’inafferrabile diventa visibile, con forme sovra-sensibili, immagini mentali seppure giungendo ad esiti diversi.
Gli autori investigano stadi di configurazione di “paesaggi” dissolti nella luce, a prospettive inattese e soluzioni formali minimali, risolte in strutture capaci di restituire una sintesi astratta del mondo sensibile. La soglia, il confine tra orizzonte percettivo reale e immaginario è un presupposto formale che comporta una costante ridefinizione di rapporti tra linea, composizione, colore e intensità luminosa sia in pittura che nella fotografia, con il fine di spingere lo sguardo dello spettatore oltre il percepibile attraverso opere di grande impatto visivo.
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